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La percezione della possibilità. A Piscinola apre il Centro MaMu, una cosa bella

Giulia Giuranna di Giulia Giuranna
9 Novembre 2021
in Rubriche
Tempo di lettura: 5 minuti
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Le cose belle succedono.

Le cose belle si vogliono far succedere.

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Il primo aprile è stato inaugurato a Piscinola il MaMu, Centro di Arte e Cura nella Globalità dei Linguaggi. La dicitura così chiara individua nella MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi – metodo Guerra Lisi  la disciplina di riferimento, conciliando, senza paura di forzature, l’azione con la dimensione evocata dalla dicotomia  “Arte e Cura”.

Credendo fortemente nella funzione terapeutica di qualsiasi tipo di produzione creativa, intesa come espressione a tutto tondo dell’essere umano attraverso ogni tipo di linguaggio, l’arte diviene, nell’ottica dei fondatori del Centro, origine, mezzo e fine.

L’idea, infatti, è quella di dar vita a un luogo che possa divenire un catalizzatore di esperienze diverse: forte di una politica di condivisione e accessibilità a tutta la cittadinanza, il MaMu si basa sulla prospettiva – e l’augurio – che chiunque, con le proprie capacità e competenze, si senta stimolato a muoversi nella direzione della creazione fattiva di prodotti culturali, originando così un arricchimento per sé e per gli altri.

Come da programma, il Centro sarà sede stabile delle iniziative della Cooperativa Umanista Mazra, dell’associazione MaMu e della OdV Vulenno Vulà. Ma non solo.

È nello spazio che nel discorso lasciano due semplici parole la peculiarità brillante di questo posto.

Il Centro è intitolato a Mario Musella, ed è suo il nome all’origine dell’acronimo. Il leader degli Showmen, indimenticato pioniere della musica R&B tra gli anni Sessanta e Settanta, fu un uomo che, diviso tra due terre e due origini, pur avendo uno sguardo fisso su quell’America che si portava dentro e che tanto lo aveva condizionato, era originario dell’Area Nord di Napoli. Nacque, infatti, proprio nel quartiere di Piscinola, il primo aprile del 1945.

Appare palese come la scelta della data dell’inaugurazione non sia stata affatto casuale, così come un po’ meno evidenti, ma a un occhio attento ben visibili, sono le filigrane intessute in questa operazione.

Saldata strettamente con uno sguardo pragmatico al futuro, l’idea di un recupero e di una valorizzazione delle tracce della storia culturale di un territorio attraverso il riferimento a un artista come Mario Musella, difatti, ha molto del gesto premuroso di chi accomoda la terra buona, la terra migliore attorno a un seme che sta compiendo quello sforzo sovrumano che è darsi alla vita, assicurandogli un nutrimento certo e un punto di partenza ben saldo.

È un voler far succedere qualcosa partendo dai giusti presupposti.

E chi meglio di un gruppo come gli Osanna poteva “tenere a battesimo” un’iniziativa come questa?

Nel clima del caldo inizio dell’inaugurazione, tra le mura tutte dipinte di colori diversi, dopo gli interventi emozionati, ma sostenuti di Maurizio Di Gennaro e Giulia Biancardi – alla presidenza, rispettivamente, della Cooperativa Mazra e della neonata associazione MaMu – e le parole dell’assessore al Welfare del Comune di Napoli, Roberta Gaeta, l’esibizione del gruppo, anche se in una formazione ridotta, non ha potuto che stendere un’ombra d’oro sulle cose.

Chi come gli Osanna, dal 1971, si muove sulla scena internazionale facendosi portatore di un rock progressivo avanguardista, compiendo un lavoro profondo nella tradizionale musicalità partenopea e portandosi in tasca l’imprescindibile, ossia le eredità, il sangue e i colori di una terra precisa e, al contempo, sperimentando una mistione di tecniche espressive e di contaminazioni, non poteva che essere l’interlocutore perfetto.

E, se l’esibizione e la presentazione del nuovo video del singolo Taka Boom hanno sospeso il tempo e travolto una platea di quasi centocinquanta persone, il fascino sottile che teneva insieme il tutto era quello della Possibilità.

In un luogo che è visibilissimo – esattamente all’uscita della fermata “Piscinola” della Linea 1 della Metropolitana – e che è presente nella storia del quartiere nei modi più impensabili, tanto che a voler ricostruire la storia di questa palazzina e delle persone che si sono rese responsabili o ispiratrici di un progetto come questo, non basterebbe un libro, proprio in un luogo così, si respira questo senso di Possibilità.

Che cos’è il MaMu? Cosa accade al suo interno?

Le iniziative nel sociale sono la colonna portante del progetto. L’accreditamento come “Centro per disabili” sarà una chiara declinazione di quella accessibilità a 360 gradi di cui i fondatori si fanno portavoce, oltre che testimoni, da anni; l’attenzione verso coloro che hanno bisogni educativi particolari, verso persone con disabilità gravi, verso chiunque debba imprescindibilmente sentirsi integrato nel grembo sociale di cui fa parte e alla cui attività deve partecipare attivamente, è e vuole essere una cifra importante del lavoro del MaMu.

Non c’è campo che venga escluso: al Centro, sede distaccata della Scuola che fa capo alla UPMAT e del Master di Roma Tor Vergata in MusicArTerapia nella GdL, sono attivi corsi di canto, armonia, pianoforte classico e jazz, batteria e chitarra, mentre un gruppo è già al lavoro per la messa in scena di un’opera teatrale. Vi sono state, inoltre, presentazioni di cd, come il primo Canzoni lievi per anime randagie di Pino Ciccarelli, e di libri, come Sangue randagio di Fabrizio Fedele, e altre sono in programma, così come gli appuntamenti del Simposio di Filosofia.

Ma non si è che all’inizio, la nascita è recentissima, le idee e le forze che già vi confluiscono sono poliedriche. L’offerta è ampia, e vuole esserlo sempre di più, ma in che modo la si deve guardare?

Per forza di cose, lo sguardo, a un primo impatto, è quello meravigliato che chiunque potrebbe indossare di fronte a un gioco combinatorio quale può essere, ad esempio, Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino. Anche se in quel caso appare in una veste letteraria, il mistero è lo stesso: quante storie si possono incrociare tra loro? Quali personaggi di un mazzo di tarocchi si troveranno a costruire la narrazione, portando ognuno i propri oggetti magici e le proprie condanne?

A un primo impatto, certo. Perché, superato quello, il solletico nelle mani è più forte: qui la tentazione è quella di disporre le carte, di mettersi in gioco, di far succedere cose belle.

Saranno responsabili gli spazi ampi, le parole di chi ha messo in piedi una struttura come questa e ci lavora, ci crede, o forse l’energia nuova che chi ha già iniziato a muovere i propri passi in questo disegno sprigiona in accordo con l’energia antica emanata dal basso di Mario nella teca di vetro, ma chi scrive non può che farsi testimone di uno strano fenomeno: le pareti, al MaMu, quasi si allontanano. Sembra enorme, un enorme tavolo da gioco, un crocevia necessario nello snodo di una storia.

Siete ancora con gli occhi fissi sulle carte?

Non cadete in errore, sono le vostre mani quelle importanti, guardate quelle. E, ovviamente, la voglia che vi smuove dentro.

Prec.

Recupero di immagine o di dignità?

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