Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via,
dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
La cura, probabilmente, è una delle canzoni più significative e poetiche della lunga carriera di Franco Battiato. Un brano che acquista significati diversi a seconda della persona che lo ascolta, richiamando sentimenti, ricordi e momenti di vita.
Prendersi cura di ciò che si ama è il significato di un testo che non può non arrivare immediato a chiunque. Ognuna delle sue parole fa trasparire, infatti, il desiderio di proteggere quella piccola parte di cuore che vive al di fuori del nostro corpo. Si tratta di un vero e proprio inno all’amore in ogni sua forma.
Un tema simile è stato affrontato spesso, anche in filosofia. Lo si ritrova, ad esempio, nelle idee di Heidegger che, nella sua opera, Essere e Tempo, lo collega al problema dell’Essere e dell’Esserci, cioè all’esistenza reale.
La sola parola esserci, oggi, fa immediatamente pensare al concetto del prendersi cura, inteso come essere presente al cospetto di qualcun altro, in modo attivo o passivo, per aiutarlo in un percorso che può essere una fase della vita o un’intera esistenza.
Per parlare di “amore” bisogna parlare di qualche altra cosa. Noi abbiamo fatto una canzone considerata unanimemente d’amore, parlando di “cura”, di “protezione”, di mani che accarezzano i capelli come trame di un canto.
Queste sono le parole di Manlio Sgalambro, coautore della celebre canzone italiana, il quale nella prefazione del libro Franco Battiato. Un sufi e la sua musica tenta, con successo, di spiegarne il significato.
Persino il dipinto del celebre artista Edvard Munch, Consolazione, richiama l’idea del prendersi cura attraverso le figure dei due protagonisti, un uomo e una donna. Quest’ultima, con le mani dinanzi al volto, sembra provare un’indescrivibile sofferenza. Il viso è celato dagli arti ma, nonostante ciò, il dolore che avverte è evidente e arriva forte allo spettatore, coinvolgendolo in quella grama e asfissiante sensazione, colpendolo quasi come uno schiaffo in pieno volto.
L’uomo, al suo fianco, invece, sembra completamente intento nell’atto della consolazione. Le sue braccia cingono la figura femminile in quello che pare essere un abbraccio che, però, non riesce ad assopire quel malessere. È una consolazione che non funziona.
In un certo senso, Munch, nella sua opera, ha rappresentato l’immagine che Battiato ha voluto descrivere a parole: una persona che condivide il dolore altrui e a cui cerca di porre fine. Si tratta di quella compassione che in filosofia esprime il vero significato del termine, il quale – al giorno d’oggi – ha perso il suo vero valore.
L’atto di provare compassione per qualcun altro, dal latino cum patior (soffro con) e dal greco συμπἀθεια, sym patheia (provare emozioni con) è un concetto che richiama quello di empatia, cioè di partecipazione emozionale che può avvertire un individuo verso un altro. Compatire, dunque, nel senso di condividere un dolore nello sforzo di renderlo meno straziante, di alleviarlo in virtù di quell’impegno che Battiato ha messo in musica.
È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante.
Questa frase breve e immediata arriva quasi lievemente, come il tocco di una piuma, al lettore. È tratta dal famoso libro Il piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, un piccolo capolavoro che è stato ed è tuttora in grado di coinvolgere grandi e bambini. Si introduce, così, un altro elemento fondamentale da cui l’atto della cura non può prescindere: il tempo.
Proteggere qualcuno, dedicarvi attenzioni, significa anche e soprattutto concedergli il proprio tempo. Quello stesso che, nel mondo contemporaneo, sfugge un po’ a tutti ma grazie al quale, come sostiene l’autore francese, riusciamo ad attribuire un valore alla rosa, ciò che per noi è importante, di cui, con pazienza e attenzione, ci siamo presi cura.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io avrò cura di te.
Sono svariate le interpretazioni che possono derivare dal brano La cura e così anche i possibili destinatari a cui, in origine, il cantautore potrebbe aver pensato. Ma, così come ogni prodotto artistico dovrebbe fare, esso dà la possibilità a chi ne fruisce di darvi il significato che avverte più proprio. È come se Battiato – ma anche Munch, Antoine de Saint-Exupéry e molti altri – avesse consegnato la propria opera all’intimità di ciascuno.
Proteggere nel senso di conoscere le debolezze altrui, non giudicarle ma sfiorarle appena, controllarle, abbellirle. Accogliere, dunque, la fragilità che sta al di fuori di noi come se fosse nostra. Quello raccontato non è che un atto d’amore elevato all’ennesima potenza, raro al giorno d’oggi ma – proprio per questo motivo – incredibile.