Un libro può essere la testimonianza esemplare di uno sguardo particolare sul mondo. Può rappresentare con profonda autenticità lo sforzo di offrire a chi legge una prospettiva costruttiva a questioni spinose che riguardano tutti e tutte. L’altra Campania – Limiti e potenzialità di una regione difficile di Roberto Costanzo ha questo obiettivo e ci conquista per la sincera esposizione e l’accorata ricerca di soluzioni concrete a una situazione problematica da ogni punto di vista.
Roberto Costanzo è stato dirigente, a tempo pieno, della Coldiretti e ha avuto ruoli rappresentativi in Confcooperative. Ex vicepresidente dell’Associazione Nazionale Stampa Agricola, ha chiuso l’impegno istituzionale come presidente della Camera di Commercio di Benevento, città in cui risiede da quasi settant’anni come corrispondente locale de Il Mattino.
Nei tre capitoli che compongono il suo libro, Costanzo analizza i limiti e le potenzialità della Campania, anzi delle due Campanie: quella appenninica e quella costiera, dotate di due diverse geografie e due distinte storie. Il focus è sul patrimonio idrologico che nasce nell’Appennino e alimenta l’intero territorio regionale, mettendolo anche in pericolo, oltre che sulle fonti energetiche rinnovabili, capaci di promuovere una nuova Campania. Due diverse geografie e due distinte storie possono fare una grande regione? È l’interrogativo a cui l’autore prova a rispondere. Una regione spaccata a metà: da un lato l’area appenninica, dall’altro quella costiera. Una contrapposizione difficile da superare.
Ma cambiare non è impossibile, assicura Costanzo. Lo auspico fortemente. La Campania può diventare una vera e sola grande regione ma le aree costiere devono comprendere che hanno bisogno dell’area appenninica. Agricoltura, acqua, politiche energetiche, green economy, temi che Costanzo sviluppa in questa sua ricerca. Afferma: Il peggiore difetto della politica, oggi, è che si accontenta di assistere e di chiedere, invece di proporre ed essere protagonista.
Con uno stile formalmente impeccabile, Costanzo affronta la situazione politica e strutturale per affermare che le aree interne, il Sannio e l’Irpinia, vanno rafforzate dal punto di vista politico ed economico, attraverso due strade: il sistema elettorale del consiglio regionale che dovrebbe far posto a più rappresentanti di talune zone e il riequilibrio degli investimenti oggi soprattutto concentrati nelle aree costiere, in specie nei settori cruciali di sanità e università.
Costanzo ha anche dichiarato – durante la presentazione del libro a San Giorgio del Sannio, sulla Terrazza Marzani, il 15 luglio scorso nell’ambito delle manifestazioni organizzate dall’Associazione Campania Mezzogiorno Europa – che il pur prezioso nuovo serbatoio di ricerche e di didattica costituito dall’Università del Sannio, localizzato a Benevento e nato agli inizi degli anni Novanta, non vale a riequilibrare le presenze di numerosi e grandi atenei nelle altre provincie della costa.
Anche il sistema dei trasporti è questione fondamentale perché penalizza le aree interne, oggi ancor più del passato. I progetti di investimento in corso puntano tutto sull’alta velocità Napoli/Bari, che presenta il grosso rischio di servire soprattutto alla valorizzazione delle due sponde costiere.
Nel capitolo sulle acque, Costanzo affronta tanto i deficit del sistema regionale campano in materia, quanto le grandi opportunità che oggi si presentano. Da un lato, infatti, ci sono i frequenti problemi derivanti da smottamenti e frane dovuti spesso a carenze nella programmazione dello sviluppo urbanistico e territoriale e, dall’altro, a una carente gestione dell’ancora rilevante patrimonio ambientale e in particolare boschivo.
Emblematici per Costanzo sono i tagli quantitativi di risorse conseguenti alle varie privatizzazioni degli ultimi anni e una disattenzione crescente agli organici e all’impiego del corpo dei dipendenti regionali forestali, addetti alla cura del territorio. Nel converso segnala la grande ricchezza di acqua delle zone interne, di recente valorizzata in particolare nella valle del Tammaro, con la diga di Campo Lattaro che può essere considerata una delle più promettenti grandi opere della zona, in gran parte da utilizzare.
Anche qui c’è un ruolo importante della classe politica e delle dirigenze locali, che devono ridurre la dispersione abnorme delle risorse idriche (il 60% dell’acqua distribuita va persa a causa della scarsa manutenzione delle tubature) e realizzare un uso più proficuo delle acque, anche a fini produttivi. Le aree interne al riguardo molto ne gioverebbero se l’Italia imboccasse con decisione la strada indicata anche a livello sovranazionale dalla “conversione” ambientalista del capitalismo internazionale e dagli indirizzi geo-ambientali di Bruxelles.
L’ultimo capitolo è interamente dedicato all’importante e complessa questione delle energie rinnovabili, dove l’autore insiste soprattutto sulle enormi potenzialità delle aree interne e del Sannio in particolare. Segnala come l’eolico sia ormai la principale produzione del territorio sannita che produce il 10% dell’intera energia eolica nazionale con una superficie che è appena l’1% di quella italiana (e una popolazione che non supera lo 0,5% di quella nazionale).
Anche qui il passaggio dell’Europa dalla CECA degli anni Cinquanta all’odierno Green New Deal è una grande occasione per le aree interne. C’è però sempre il nodo delle amministrazioni locali che hanno in mano molte leve per condizionare lo sviluppo delle energie rinnovabili. Costanzo rileva come prevalgano atteggiamenti manichei con comportamenti subalterni o, all’opposto, pregiudizialmente contrari alle industrie del vento. Molte altre strade ci sarebbero, anche e soprattutto se si vuole fermare l’eolico selvaggio, favorendo quello corretto e sostenibile. Invece dei cosiddetti parchi eolici – mere concentrazione di macchinari – si dovrebbero promuovere le filiere del vento o i distretti del vento, aggregando produttori e consumatori di energie.
Anche per il solare, invece di dar vita a distese eccessive e deturpanti, andrebbero sostenuti gli impianti degli agricoltori “prosumer”, che producono energia solare e al contempo la usano. Costanzo denuncia quaranta anni di ritardi, costellati da arretratezze culturali, speculazioni di breve periodo, ribellismo elettoralmente opportunistico e nuove dialettiche (paesaggisti/ambientalisti) con rischio di altrettante stagnazioni. Occorre invece programmare scegliendo un metodo adeguato, che consenta di superare ogni prospettiva di sfruttamento e sottrazione coloniale delle risorse naturali e faccia prevalere una strategia intelligente fondata sull’interazione con i bisogni e i diritti dei territori.
L’idea è quella delle comunità energetiche, che servano a produrre energia ma investendone almeno il 50% nei territori che posseggono le risorse, in modo da ingenerare uno sviluppo più ampio e armonico che coinvolga tutti. Importante è anche favorire insediamenti produttivi di pannelli solari e pale eoliche, per i quali oggi c’è una marcata dipendenza dall’Est (Cina in primis), salvo qualche interessante eccezione.
Roberto Costanzo, attraverso questo illuminante saggio, dimostra con la sua lunga esperienza come un politico vero sia capace di incrociare dati e riflessioni per proporre soluzioni e prospettive effettivamente percorribili, ma soprattutto tarate su problemi strutturali e non su sondaggi o questioni di moda.
