Un miliardo di euro è la valutazione dell’Osservatorio Mil€x sui costi per l’Italia per l’invio di armi all’Ucraina. Una previsione negata dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni – «Noi non spendiamo soldi per comprare armi che mandiamo agli ucraini» –, a sua volta smentita dal Ministro della Difesa Crosetto che il 25 gennaio scorso in Commissione Difesa di Camera e Senato dichiarò testualmente: «L’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina è un aiuto che in qualche modo ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale», quindi una spesa obbligata e soltanto rinviata a breve termine. Eppure, le sanzioni alla Russia, le speculazioni sul gas, i rincari sono già costati svariati miliardi di euro per far fronte al caro energia su famiglie e imprese.
Intanto, tra bugie, smentite e dichiarazioni di tutt’altro tenore, il 1 giugno il Parlamento Europeo ha votato con 446 voti a favore, 67 contro e 112 astenuti un progetto di legge per la produzione di munizioni, armi e missili con lo stanziamento iniziale di 500 milioni di euro di fondi del bilancio UE.
A tal proposito, vale la pena sottolineare la posizione dei parlamentari italiani: M5S e Verdi hanno votato contro, il centrodestra compatto a favore, il PD spaccato con otto votanti favorevoli (Brando Benifei, Mercedes Bresso, Beatrice Covassi, Paolo De Castro, Elisabetta Gualmini, Pina Picierno, Daniela Rondinelli e Irene Tinagli), sei astenuti (Pietro Bartolo, Camilla Laureti, Alessandra Moretti, Franco Roberti, Patrizia Toia, Achille Variati) e un contrario (Massimiliano Smeriglio).
La neo Segretaria del Partito Democratico farebbe bene a chiarire una volta per tutte ai propri militanti qual è la linea dei dem sul conflitto e, non ultimo, comprendere cosa significhi l’astensione dei sei parlamentari nei confronti di un provvedimento che richiederebbe un voto netto, a favore o contrario, risposta che tarderà ancora ad arrivare fin quando il PD non deciderà se continuare nel solco dei predecessori o imprimere una svolta nuova e coraggiosa che al momento non sembra all’orizzonte.
Nessuna concreta iniziativa di pace risulta da parte europea e del nostro Paese, particolarmente impegnati a sostenere la guerra con risorse e materiale bellico. Intanto, il 27 maggio scorso Vatican News, attraverso un articolo di Marco Guerra, ha comunicato che il Presidente Lula da Silva ha offerto la disponibilità del Brasile assieme a India, Indonesia e Cina a parlare con Russia e Ucraina per la ricerca di una risoluzione pacifica e che la Russia è aperta «al dialogo e al canale politico e diplomatico», come avrebbe affermato lo stesso Putin nel corso di un colloquio telefonico con il Presidente brasiliano. Una settimana prima, Papa Francesco aveva incaricato il cardinale Zuppi, arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, per una missione di pace avendo, al momento, come unici interlocutori russi e ucraini.
Si fermano qui le iniziative e i contatti tesi alla ricerca di una possibilità di accordo per far cessare il conflitto che ormai da un anno e mezzo coinvolge non solo i Paesi interessati, ma anche quelli europei, attraverso il sostegno di mezzi e risorse, e la NATO, come sempre pilotata dagli USA. Un conflitto i cui possibili risvolti potrebbero scatenare uno scontro nucleare di proporzioni catastrofiche. Ma questo sembra non preoccupare i leader comunitari che, a cominciare dalla Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, continuano a stendere tappeti rossi tra baci e abbracci al Presidente ucraino, sempre più desideroso di una offensiva finale per sventolare la bandiera della vittoria a tutti i costi.
Iniziativa difficile quella di Papa Bergoglio, nonostante il rifiuto di Zelensky a una mediazione del Vaticano, accolta invece positivamente dalla Russia attraverso il Ministro degli Esteri Lavrov. Rifiuto che lo stesso Pontefice ha commentato in una intervista a Telemundo: «Non vuole mediatori con la Russia perché si sente forte del sostegno di Europa e Stati Uniti». Stati Uniti che, secondo l’agenzia di stampa britannica Reuters, dovrebbero annunciare nuovi aiuti militari all’Ucraina pari a 300 milioni per munizioni, tra cui i missili per i sistemi Himars. Un quadro generale più che chiaro che non presagisce nulla di buono se non un timido spiraglio di speranza per un’azione di pace alla quale la Casa Bianca non sembra particolarmente interessata, continuando invece a sostenere un conflitto con la complicità dell’Europa per ben altri scopi.
Timide, isolate e poche le iniziative pubbliche nelle piazze europee, molteplici gli appelli del mondo della cultura, della diplomazia, dei giuristi, della Chiesa e della Comunità di Sant’Egidio, appelli che tengono conto della carta delle Nazioni Unite e del rispetto dei valori riconosciuti dal diritto internazionale, ma appelli per niente recepiti dall’Europa e dai singoli Stati membri, condizionati da una discutibile alleanza e una cieca subalternità agli USA senza i quali nessuna iniziativa di pace sarà destinata a fallire. Occorre che Papa Francesco lo recepisca e indirizzi la sua azione anche in questa direzione a evitare un secondo Vietnam nel cuore dell’Europa dal quale sarà per tutti difficile uscire.