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IPCC, report sul clima allarmante: abbiamo pochi anni

Ne abbiamo già parlato: il cambiamento climatico è una delle principali minacce per la salute umana. L’inquinamento atmosferico e le temperature in costante aumento provocano vari problemi che vanno dai più frequenti attacchi cardiaci e ictus alla diffusione di malattie infettive e traumi psicologici. In ogni parte del mondo, le popolazioni stanno provando sulla pelle i vari modi in cui il climate change può provocare disastri sul nostro pianeta.

Per contenere il riscaldamento globale a livelli gestibili, il mondo ha soltanto pochi anni di tempo per smettere definitivamente di utilizzare i combustibili fossili. Se le emissioni globali di gas a effetto serra non verranno ridotte a quasi la metà entro il 2030, il mondo probabilmente subirà impatti climatici estremi. Lo dice l’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC) delle Nazioni Unite.

Dopo nove anni, migliaia di scienziati di 195 Paesi tornano a firmare il nuovo documento che farà da guida ai governi. Secondo il rapporto IPCC, se non saranno adottate misure urgenti, l’umanità non riuscirà a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius, soglia oltre la quale il futuro vedrà l’aumento di incendi, periodi di siccità, uragani e non solo.

Molti Paesi hanno attuato politiche per ottimizzare l’efficienza energetica, ridotto il tasso di deforestazione o accelerato la diffusione delle tecnologie per l’energia pulita. Altri si sono impegnati a ridurre le emissioni, sottoscrivendo l’Accordo di Parigi. Tuttavia gli obiettivi di tanti non sono abbastanza ambiziosi, mentre altre nazioni hanno promesso di diminuire significativamente le proprie emissioni ma non mostrano segni di aver intrapreso le azioni necessarie.

«Alcuni, tra leader politici e imprenditori, dicono una cosa e poi ne fanno un’altra» ha affermato Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite a seguito della pubblicazione del report. «L’umanità è in bilico su un sottile strato di ghiaccio, che si sta sciogliendo velocemente».

Nel report IPCC si afferma che in termini prettamente tecnologici e di costo, la mitigazione delle emissioni per limitare il riscaldamento a 1,5° C è fattibile. Gli ostacoli vengono dalla politica e dai rapporti di potere, e dagli interessi a mantenere lo status quo e bloccare le politiche sul clima, compreso l’abbandono dei combustibili fossili. A questo contesto appartengono le campagne di disinformazione che cercano attivamente di minare la fiducia nella scienza del clima.

Il meccanismo è simile a quello di una cassa di risonanza: alcuni mezzi di comunicazione, promuovendo argomentazioni e prospettive negazioniste che non potrebbero essere più lontane dalla scienza e dai fatti, danno voce a chi propone argomentazioni per rallentare l’azione sul clima e offrono una rappresentazione fuorviante della realtà. La differenza tra l’aperto negazionismo di alcuni individui e la propaganda del green washing è che la seconda è più insidiosa e più difficile da riconoscere ma, in mancanza di dati sul cambiamento climatico, la prima può essere altrettanto dannosa.

Secondo i dati emersi, gli esseri umani sono responsabili di quasi tutto il riscaldamento globale degli ultimi duecento anni. Il tasso di aumento della temperatura nell’ultimo mezzo secolo è il più alto degli ultimi duemila anni. Le concentrazioni di anidride carbonica sono al massimo da almeno due milioni di anni.

Ognuno di noi si deve sentire coinvolto nella lotta al cambiamento climatico. Il risparmio dell’energia è uno dei primi passi, non basta infatti che i governi e le nazioni attuino programmi di riconversione della produzione energetica, abbandonando progressivamente i combustibili fossili verso le fonti energetiche rinnovabili. Puntare sull’efficienza e il risparmio energetico è fondamentale e su questi punti il ruolo di tutti è cruciale.

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