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Il paradosso della tolleranza: l’attualità della teoria di Popper

Chiara Barbati di Chiara Barbati
6 Giugno 2021
in Lapis
Tempo di lettura: 3 minuti
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Quella tra libertà di espressione e intolleranza è un’eterna lotta che sembra non giungere mai a un accettabile equilibrio. Di tutti i diritti garanti di democrazia e libertà, quello d’espressione continua ad apparire nelle notizie di cronaca per il suo continuo scontro con la tutela di tutti gli altri. Si chiama paradosso della tolleranza ed è un dilemma che ha trovato una rassegnata soluzione filosofica, ma che non trova pace negli impianti giuridici democratici che finiscono con il dover scegliere tra un diritto e l’altro.

Il filosofo austriaco Karl Popper, nella sua opera La società aperta e i suoi nemici, espone uno dei problemi che sarebbero stati destinati a un eterno, irrisolvibile ritorno nelle organizzazioni occidentali. Secondo il filosofo, le società più aperte e tolleranti, cioè quelle che oggi potremmo definire democratiche e liberali, corrono il rischio di essere inghiottite dall’intolleranza, se ne consentono l’esistenza. Estendere la tolleranza anche a un’irragionevole intolleranza, rinunciando quindi a difendere la società tollerante dagli attacchi di chi non lo è, comporta il rischio che la tolleranza stessa sia distrutta. Il paradosso di cui Popper parla, dunque, consiste proprio nell’accettare tutte le ideologie a eccezione di chi, attraverso la discriminazione, minaccia l’essenza della democraticità.

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Il momento storico in cui Popper formula la sua teoria è quello successivo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, proprio quel buio frammento del Novecento in cui le dittature inghiottiscono gli ideali di libertà, professando ciò che il filosofo definisce intolleranza. Lo studioso precisa, inoltre, che non è necessario difendersi a spada tratta da qualunque forma di discriminazione poiché è insito nella definizione di tolleranza la concessione della libertà di parola, che non può essere sottratta a priori sulla base delle ideologie. Anzi, finché è possibile intavolare dialoghi razionali è bene rispettare sempre l’opinione altrui, anche quando considerata dannosa, e non sopprimerla mai. Ma in casi come quelli delle dittature fasciste, bisogna proclamare il diritto di sopprimerle; perché può facilmente avvenire che esse non siano disposte a incontrarci a livello dell’argomentazione razionale. Proclamare, insomma, il diritto di non tollerare l’intolleranza, nei casi in cui essa rischi di ledere all’esistenza propria della libertà.

Il triste epilogo delle dittature novecentesche, volendo interpretare le parole di Popper, forse avrebbe condotto a una storia molto differente se l’opinione pubblica avesse saputo e potuto tenere a bada le posizioni radicali che si sono tramutate in tragici totalitarismi. L’opinione pubblica gioca, infatti, un ruolo fondamentale per il filosofo, che la considera un garanzia, spesso decisiva, in favore della difesa della tolleranza.

Il delicato contesto storico in cui si inseriscono le parole di Popper non deve, però, condurre a credere che la sua teoria non incontri importanti risvolti nell’attualità. Nella società occidentale, che punta sempre di più all’affermazione dell’individuo – sebbene la strada da percorrere sia ancora lunga –, aumenta anche il rischio che un’eccessiva concessione dei diritti come la delicata libertà di parola conduca a esiti simili a quelli che la storia ci insegna. Non accade raramente, infatti, che ci si faccia scudo dietro il diritto di libertà d’espressione per propagandare opinioni anticostituzionali o che si professi la libertà di manifestare per partecipare a raduni neofascisti, come quello previsto in occasione dell’anniversario della marcia su Roma.

In realtà è proprio la storia l’altra componente fondamentale che, secondo Popper, possiede l’arduo compito di fare da guida e scongiurare che la tragicità del passato si ripeta. È indubbio che non esista una ricetta, delle istruzioni da seguire alla lettera per difendersi dalle minacce alla libertà. Ed è anche vero che lo stesso paradosso perderebbe di senso se estrapolato dal contesto di riferimento. Il fulcro del discorso, però, consiste nel fatto che scadere in una risposta antidemocratica ogni qualvolta si presenti una minaccia alla democrazia non rappresenterebbe una soluzione accettabile. Questa è proprio la natura del paradosso, che non può avere una risposta universale e che, probabilmente, continuerà a costare l’eterna discussione tra libertà di espressione e intolleranza. Ma, se il dibattito continuerà anche a garantire equilibrio, seppur conquistando a fatica il compromesso, allora ne vale la pena.

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