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Gustave Flaubert e il “mentre” letterario

Giusy Gaudino di Giusy Gaudino
30 Giugno 2021
in Lapis
Tempo di lettura: 3 minuti
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Se si vuole individuare una parola che sia emblematica della tendenza della società odierna di fare il più possibile nel minor tempo a disposizione, senza dubbio, possiamo pensare al termine mentre.

Lo spazio e il tempo sono stati abbattuti dall’insorgere di tecnologie comunicative – internet, cellulari e TV – in grado di diffondere informazioni, messaggi e notizie in diverse parti del mondo e in un solo istante. L’effetto è una connessione internazionale grazie alla quale una stessa immagine o uno stesso discorso entra nelle case di ogni famiglia. Tutti vedono e ascoltano le medesime cose nel medesimo momento, dialogano e si scambiano opinioni in forma istantanea, pur restando chiusi in casa propria. Una forma di aggregazione paradossalmente caratterizzata dall’essere lontani.

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Fino a pochi anni prima di tali cambiamenti, era forse impensabile riuscire a entrare in contatto con persone o luoghi non vicini senza percorrere lunghe distanze, attraverso viaggi che potevano durare anche intere giornate.

Era il 1898 quando fu lanciato il primo segnale radio dalla Tour Eiffel al Pantheon, rendendo concreti i concetti di istantaneità e simultaneità in ambiti nuovi. Da quel momento – insieme ad altre, numerose innovazioni tanto nella comunicazione quanto nel trasporto – lo squarcio spazio-temporale sul quale è nata la società moderna prima e postmoderna poi ebbe un’influenza determinante nel mondo dell’arte e della letteratura.

Basti pensare a Flaubert, che si impegnò nel difficile tentativo di fissare nel discorso scritto e immobile un concetto, quello della simultaneità, intrinsecamente dinamico. Un’impresa ingegnosa attraverso la quale non dividere i singoli eventi in scene distinte, ma racchiuderli in un unico, complesso periodo, che il grande autore del naturalismo francese realizzò con il ricorso alla parola mentre. Proust la definì una semplice espressione di simultaneità, trasposta naturalmente dal tempo allo spazio: dato che le parti in un quadro sono simultanee nella realtà e il linguaggio non può riprodurle che per gradi, la congiunzione di simultaneità soddisfa elegantemente tale esigenza.

Quella di Flaubert, quindi, è la rappresentazione di un mondo-collage, dominato dalla frammentarietà e dal movimento, in cui l’eterogeneo coesiste e le distanze vengono annullate. Il mentre spaziale dell’autore francese è un espediente grazie al quale si dovrebbero sentire nello stesso momento il muggito delle mucche, il sospiro degli amanti e la retorica dei funzionari.

Non è un caso che Madame Bovary sia una considerato una pietra miliare della letteratura ottocentesca europea. Non è un caso, se si considera che la storia di una donna tormentata dalla monotonia e dalla staticità è al tempo stesso la storia di uno scrittore che ricerca la dinamicità nella sua penna e tenta di riprodurre il flusso dell’esperienza nell’immortalità della parola scritta. Quella narrata è la macro-storia di persone e artisti che sono costretti a venire ai patti con i cambiamenti storici, sociali e tecnologici che hanno comportato un nuovo modo di vedere le cose, di percepire la realtà e, dunque, hanno prodotto una crisi di rappresentazione artistica in un vortice di esperimenti di nuovi codici e linguaggi.

È stato cruciale, tuttavia, reinventare l’arte per rappresentare un abbattimento delle barriere spazio-temporali che ha cambiato tutto, non semplicemente la percezione del tempo e dello spazio, ma le loro qualità oggettive. Ancora oggi è difficile fare i conti con una frammentazione, o meglio, polverizzazione di due concetti apparentemente fissi ma che, in realtà, non fanno altro che mutare insieme alla storia dell’uomo, per mano dell’uomo stesso.

«A domani allora!», disse Emma con un’ultima carezza. Rimase a guardarlo mentre si allontanava. Rodolphe non si voltò.

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