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Europa, dimmi i tuoi diritti e ti dirò di che colore sei

Fabiana Stornaiuolo di Fabiana Stornaiuolo
9 Giugno 2021
in Attualità
Tempo di lettura: 4 minuti
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I diritti umani sono per tutti. Ma alcuni sono più umani degli altri. Il mondo lo dice, l’Europa non smentisce. Qui, i diritti di questi “altri” – purtroppo solo una parte dei tanti “meno umani” – si mappano. È l’ILGA (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) a tenere il conto dei danni, mostrando le spaccature che dividono il continente in termini etici e sociali rispetto alla comunità arcobaleno.

L’iniziativa segnala il livello di parità dei diritti LGBTQ+ presente in ogni Paese europeo, attraverso un sistema di colori e percentuali che variano in base a quanto è inclusiva la legislazione locale. L’idea, partita nel 2009, prende in considerazione quanto e in che modo le nazioni europee tutelano i propri cittadini dalla discriminazione sessuale. Essendo annuale, il progetto fornisce un quadro chiaro del progresso legislativo: anche nel 2021, la cartina mantiene più o meno gli stessi colori.

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In teoria, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea vieterebbe ogni forma di discriminazione, comprese quelle per tendenze sessuali (art. 21). Nella pratica, cosa succede? Vediamo le pagelle di quest’anno.

La prima della classe è piccola ma si distingue: Malta saluta tutti al traguardo con un bel 94%. Il Nord Europa tiene testa – con un po’ di scarto. Belgio e Lussemburgo si aggiudicano il podio rispettivamente per il 74% e 72%. Poco distanti Portogallo, Norvegia, Svezia, Finlandia, Spagna, Montenegro e Paesi Bassi. Ma la Rainbow Europe non racconta solo belle storie. Prima di proseguire, proviamo a indovinare insieme con che punteggio si sono classificate le rivali, partendo da fonti diverse.

Secondo il Rapporto Italiani nel Mondo di Fondazione Migrantes, la maggior parte degli italiani emigrati all’estero ha scelto Germania, Svizzera, Francia e Regno Unito come mete preferite per rifarsi una vita in Europa. Come afferma lo stesso rapporto, solo il Sud ha perso circa 220mila laureati a causa dei flussi migratori negli ultimi diciotto anni. I cervelli fuggono in cerca di condizioni lavorative più dignitose. Ma se oltre alle opportunità, dessimo a tutti i nostri giovani anche maggiori riconoscimenti? Nell’ampio spettro della vita, il lavoro copre solo una parte della realizzazione personale. Ma un Paese che offre lavoro senza diritti, perde la sua attrattiva.

E ci sarà forse qualche nesso tra progresso nel lavoro e apertura su “temi caldi”? Provando a incrociare i dati, si nota che Germania, Francia e Regno Unito riconoscono matrimoni dello stesso sesso e adozione congiunta, portando a casa una buona media nella gara comunitaria per l’inclusione. Fa eccezione la Svizzera, che, come l’Italia, riconosce i matrimoni civili, collocandosi leggermente al di sopra dello Stivale nella sfida di piena parità di diritti, attestandosi al 39%. In tutti questi Paesi, non è necessario procedere chirurgicamente per vedersi riconosciuto il cambio dell’identità di genere.

Sì, ma… l’Italia? Su quarantanove Paesi, si classifica trentacinquesima con il 22%. Dopo lo Stivale, l’Est. A San Pietroburgo, uno degli ultimi episodi repressivi ci coinvolge da vicino. Uno spot in cui appare un bacio lesbo costa al marchio D&G una causa con la Russia. Il motivo: la violazione di una legge anti-gay che vieta la propaganda omosessuale, con l’obiettivo di proteggere i più giovani.

In Italia, con lo stesso obiettivo, la Lega mette al bando un webinar per formare il personale scolastico sul tema dell’inclusione sessuale. Propaganda dell’ideologia gender, la chiamano. La scuola non ha bisogno di essere formata. Non serve scandalizzarsi sulle stravaganze multicolori: la scuola forma già i futuri cittadini nel rispetto dei diritti e doveri di tutti.

E vediamo cosa pensano i rispettosi cittadini italiani. Al nostro ultimo articolo sul tema, è arrivata la seguente obiezione: non esiste l’identità di genere, esistono i cromosomi. Il rifiuto acritico non può certo farsi portavoce dell’opinione comune, ma denuncia una profonda confusione: l’essere umano non è solo un ente biologico. Così come i neuroni non fanno il pensiero, non possiamo ridurre la complessità del sesso al cromosoma, anche limitandoci al campo biologico.

Sentiamo ancora gli italiani, in un sondaggio IPSOS del 2019. Dei mille intervistati, il 56% è spaventato o chiuso nei confronti dei temi LGBT. Ostili soprattutto gli over 55, preoccupate le famiglie. Del contagio, evidentemente, o dell’estinzione? Il 24% dei consapevoli va soprattutto dai 25enni ai 44enni, il 20% dei sostenitori ha per di più tra i 14 e i 24 anni.

Tutto sommato, la Mappa Arcobaleno mostra un’Europa ancora scolorita. Ma dove la scuola ha fallito, la comunicazione rimedia. Lo scambio di cultura e informazione regala ai giovani dell’ultimo secolo un’apertura che ha molto da insegnare alle generazioni dei padri, madri, nonni che contro gli stessi giovani, spesso, puntano il dito. Sono i ragazzi che hanno guardato negli occhi il diverso e ci hanno trovato dentro se stessi: le stesse ansie, gli stessi entusiasmi, la stessa voglia di essere ascoltati. E un amore grande, tanto da volerlo gridare, consumare per le strade in piedi, tra gli stessi baci che si danno gli altri, i “più umani”.

Chi saprà soffermarsi sugli occhi – più che su chi sono posati – lo riconoscerà subito: è universale lo sguardo di chi ama. E non ha un colore, li ha tutti. Più di quelli che può contenere una bandiera. Sono i riflessi di una luce che nessuna repressione può spegnere. È per questo che la legge cambia e continuerà a cambiare: che la Chiesa, lo Stato, la Lega, Pro Vita & Famiglia lo accettino oppure no, il mondo non è in bianco e nero. E saprà illuminare, la luce – che non è contro, ma davvero “pro” –, perché l’amore potenzia, non castra la vita.

Prec.

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