Quando parliamo di ecologia sociale, il principale riferimento teorico è costituito dall’opera di Murray Bookchin (1921 – 2006), figlio di immigrati russi di origine ebraica nato a New York, che ha elaborato una filosofia che tratta di ecologia, in particolar modo, e si contrappone, in una riflessione più ampia e radicale, ai sistemi socio-politici esistenti.
Il filosofo americano, infatti, da giovane fu operaio metalmeccanico e sindacalista e fece parte della sinistra marxista americana. Tra attivismo politico e riflessione sulla storia delle idee, in seguito, produsse una teoria ricostruttiva della vita e dell’agire etico e politico che rappresenta una sintesi del pensiero ecologista, socialista e libertario che tanta parte ha avuto nella controcultura americana dalla metà del secolo scorso fino a tempi recenti.
La municipalità libertaria a cui approdò Bookchin, in effetti, partì da quel momento storico come si riscontra soprattutto nell’opera L’ecologia della libertà (1982) e, in seguito, nel saggio La filosofia dell’ecologia sociale (1990), dove l’autore – in contrapposizione alla visione “metafisica” dell’ecologia profonda di Arne Naess – afferma che tutti i problemi ecologici sono problemi sociali. Nell’articolo del 1988 intitolato Social Ecology Versus Deep Ecology, in maniera ancora più esplicita, Bookchin scrive che l’ecologia sociale è una forma coerente di “naturalismo” che guarda all’“evoluzione” e alla “biosfera”, non a divinità celesti o sotterranee per spiegazioni pseudo-religiose e soprannaturali dei fenomeni naturali e sociali.
Il pensiero del filosofo ed ecologo statunitense, quindi, conserva le riflessioni della tradizione anarchica e del pensiero libertario che rifiutano la legittimità di ogni gerarchia politica e, di conseguenza, l’oppressione degli esseri umani, in particolare degli ultimi nella scala della piramide societaria, unendo questa matrice alle diverse visioni del mondo radicali del XX secolo, dal marxismo alla Scuola di Francoforte fino all’ecologismo.
L’ecologia sociale ripropone quegli assunti teorici, rinnovandoli in una più ampia e meditata riflessione, per una concezione olistica dell’essere al mondo. L’olismo (dal greco ὅλος hòlos, totale, o anche globale) si contrappone alla visione riduzionista ed è basata sull’idea che la qualità di un sistema non va ridotta alle sue singole individualità perché la sommatoria funzionale delle parti è sempre maggiore e differente da quella espressa dai singoli.
In un’analisi storica del sistema-mondo nel quale viviamo, di conseguenza, è il capitalismo che ha prodotto la crisi ecologica di cui soffre la società contemporanea. L’asservimento psicologico e sociale, argomenta Bookchin nei suoi scritti, è fondato sul dominio dei pochi e la servitù dei molti e comprende lo sfruttamento della natura. Il degrado e il saccheggio delle risorse ambientali, il cambiamento climatico e gli effetti devastanti del global warming sono collegati ai fenomeni economico-sociali dello sviluppo infinito su di un pianeta finito, con le crisi relative alla sovrapproduzione e al consumismo. Questi esiti sono provocati dalle relazioni basate, in particolare, sull’oppressione che i gruppi umani che governano esercitano sulla massa dei governati e, in generale, sul dominio degli uomini nei rapporti con le donne e dell’umano nei confronti della natura.
In altre parole, il naturalismo dialettico rinnova le istanze del cambiamento sociale e formula il progetto per una trasformazione della crisi ambientale mondiale in un’opportunità etico-politica per disegnare la società ecologica, superando le gerarchie di genere, razza, classe e statalismo. Il municipalismo libertario di Bookchin, inoltre, vuole allargare la sfera dell’azione pubblica alla comunità intesa come libera associazione di cittadini su base municipale, capace di raggiungere l’autonomia grazie alla confederazione con altre comunità, organizzate in una rete territoriale di solidarietà economica, politica e sociale.
Nella sua ultima opera, La prossima rivoluzione, che raccoglie i saggi scritti tra il 1991 e il 2002, il pensatore statunitense ripropone una storia dei movimenti libertari e rivoluzionari, cercando di evidenziare gli errori commessi e le idee fondamentali da conservare, tenendo conto delle realtà economico-politiche dell’attuale assetto mondiale e le emergenze della crisi ecologica per un’azione pratica nella vita collettiva delle comunità umane.
In tal senso, va citato l’esempio del Confederalismo democratico che si rifà esplicitamente al municipalismo libertario di Bookchin studiato da Abdullah Öcalan, politico e guerrigliero curdo di cittadinanza turca e leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan. L’unione articolata dell’economia solidale, della democrazia diretta e dell’ecologia sociale, infatti, è alla base del tentativo comunitario che il PKK ha progettato e cerca di realizzare nella regione di Rojava, nella Siria del nord, e nell’intero territorio del Kurdistan, nell’intento più generale e articolato di costituire uno Stato indipendente curdo separato dalla Turchia.
L’ecologia non può essere che sociale, dunque, perché le cause della crisi ecologica dei nostri tempi rimanda al complesso delle relazioni umane. Ed essa non è soltanto radicale rispetto agli assetti societari storici e anche al semplice ambientalismo, ma rivoluzionaria perché smaschera in maniera critica l’intera evoluzione della gerarchia in tutte le sue forme, cercando di riformulare le relazioni sociali, liberandole da ogni tipo di coercizione e valorizzando, invece, la varietà e la libertà contro ogni sfruttamento dell’umano e del non umano, in una società di massa dove gli uomini e le donne sono sempre più servi/funzionari dell’apparato economico, tecnico e industriale che costituisce la struttura portante del sistema capitalista.