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#CUOREDINAPOLI rivoluziona i Quartieri Spagnoli e non solo

Francesca Testa di Francesca Testa
28 Aprile 2018
in Interviste
Tempo di lettura: 6 minuti
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#CUOREDINAPOLI è un contenitore, racchiude in sé significati eterogenei, una piattaforma di condivisione e di comunicazione che vuole spingere a uno scambio di esperienze ed energie che possano modificare le sensazioni di tutte le persone coinvolte. Si tratta di un progetto, un punto di partenza che vuole amplificare il senso di appartenenza al proprio territorio, alla propria città. Non a caso, oggi l’hashtag #CUOREDINAPOLI, usato tantissimo dai cittadini, è diventato un mezzo per raccontare e raccontarsi. Ho avuto il piacere di intervistare Alfredo Capuano, uno degli ideatori e creatori del format, nonché docente presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli al corso di Nuove Tecnologie dell’Arte.

Alfredo, attraverso il corso da te tenuto presso l’Accademia di Belle Arti hai ideato e lavori a #CUOREDINAPOLI. Cos’è per te questo progetto, lo puoi raccontare?

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«La premessa necessaria è che alla base di #CUOREDINAPOLI c’è un lavoro corale che trasforma tutte le domande al singolo in domande a un gruppo. Ed è un bel gruppo, composto da un centinaio (e più) tra allievi di ogni anno, ex studenti (che si sono consorziati in una società denominata mediaintegrati di cui ti parlerò qualche altra volta, se ti va) e docenti del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti del capoluogo campano. #CUOREDINAPOLI è un sentimento diffuso, un’idea, una speranza sotto forma di opera d’arte, di scultura. È la dimostrazione degli effetti benefici di un “Territorio Condiviso” che si fonda sulle relazioni e sui rapporti tra persone, cose, associazioni, commercianti, vicoli, piazze, strade. E queste relazioni sono la materia di cui si compone questa scultura. #CUOREDINAPOLI, infatti, non nasce come evento. L’evento è l’unica e logica manifestazione estetica di, appunto, una scultura “immateriale” ma con conseguenze ben visibili sulla realtà.»

Sabato 21 aprile c’è stata una vera e propria rivoluzione dei Quartieri Spagnoli, una festa che ha coinvolto i negozianti, la gente che vive lì, ma soprattutto i napoletani curiosi e tanti turisti. Dietro a tutto questo ci sono varie installazioni che avete ideato voi. Nello specifico, di cosa si tratta e che lavoro è stato fatto per sviluppare questa tecnologia e renderla fruibile a tutti?

«Le installazioni sono l’elemento di “spettacolarizzazione” del concept alla base di #CUOREDINAPOLI. Noi le chiamiamo D.E.A., ovvero Dispositivi Estetici Acceleranti. Sembra una definizione creata appositamente per dare una risposta arguta, ma in realtà è nel vocabolario comunemente usato nel nostro laboratorio. I nostri dispositivi tendono a mettere in evidenza una pratica comune, che affonda le radici in un detto tipico dei nonni: L’unione fa la forza. Infatti, tutte le interazioni si basano sul concetto del mettersi d’accordo, del fare squadra. Dai vari Tocca e… (una coppia di dispositivi metallici posti a una distanza tale da non poter essere raggiunti da un unico individuo e che quindi, per far attivare l’accensione di una luce o lo scatto di una foto, necessitano che due o più persone si mettano d’accordo per attivarli), ai #FOTONE (che acquistano significato solo quando i fruitori completano il dispositivo con i loro corpi), fino al nuovissimo Muro di Munch (un ledwall verticale che mostra l’intensità del suono catturata e che può essere acceso nella sua totalità solo quando si urla in gruppo nel microfono che lo attiva). Il lavoro che c’è alla base di ogni dispositivo estetico accelerante è lungo e con una grande componente sperimentale. La loro messa in campo (dal concept alla realizzazione tecnica) è frutto del pensiero e delle azioni di numeros(issim)i individui, che traggono la loro forza dal coalizzarsi in gruppo.»

Qual è lo scopo principale di eventi come questo?

«È più semplice (e veritiero) rispondere considerando #CUOREDINAPOLI non un evento ma una scultura, un’opera d’arte. Qual è lo scopo principale dell’arte (e degli artisti)? È quello di prefigurare il futuro e costruire il mondo che verrà. Dalle caverne preistoriche di Altamura a Warhol, passando per Caravaggio e Leonardo, l’operare dell’arte ha sempre modificato il mondo, la società, la percezione che il singolo ha del tutto. L’arte rende consapevoli, anche se all’inizio opera inconsapevolmente (e per questo motivo, forse, non fallisce mai). È quella cosa che ti fa pensare Ah, allora era così!. #CUOREDINAPOLI si pone questo obiettivo: dipingere in anticipo la società del futuro e, contemporaneamente, adoperarsi per produrla.»

Quale potrebbe essere la “prossima destinazione” ideale, per te dove svolgere il successivo evento?

«È davvero complicato immaginare con un anno di anticipo dove si terrà la prossima edizione. Da sempre ci farebbe piacere portare #CUOREDINAPOLI alla Sanità o nel quartiere di Montesanto. Sappiamo però che, ininfluentemente dal luogo fisico, il nostro progetto è un segno/sogno che investe tutti coloro che sono passati/passano/passeranno per la nostra città. E non solo: considerando gli insights dei nostri social sembra che questo sentimento sia stato riconosciuto anche al di là dei confini europei. Prova certa è stato il successo del cortometraggio La fine del mondo presentato questo aprile al Cinema Modernissimo.»

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