In seguito alle vicissitudini di cronaca delle ultime settimane è tornato in auge il dibattito sulla castrazione chimica. Gran parte degli italiani, come emerge dai sondaggi, sembrerebbe favorevole alla soluzione nei confronti di pedofili e stupratori.
Ma, quanti sanno, esattamente che cosa essa comporti?
Molti esponenti politici ne hanno sempre fatto un’arma propagandistica per istillare un senso di apparente sicurezza nella popolazione. Utilizzo il termine apparente poiché i dati dimostrano che una punizione del genere non riduce il numero di reati e nemmeno assolve la funzione riparativa.
Ma, in che cosa consiste la castrazione chimica? Perché se, attualmente, il suo uso è correlato all’utilizzo per i reati a sfondo sessuale, inizialmente i farmaci utilizzati per questa pratica sono nati con lo scopo di combattere il carcinoma della prostata e fanno parte anche del piano terapeutico impiegato nel processo di cambiamento del sesso da uomo a donna.
Parliamo dell’inibizione dell’attività delle gonadi ottenuta tramite farmaci anti-androgeni e contraddistinta da un calo della libido. È nota come trattamento di tumori ormoni-dipendenti (cancro alla prostata). Attualmente i farmaci maggiormente impiegati per ottenere la castrazione chimica sono: gli anti-gonadotropici, anti-androgeni non steroidei e gli agonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine.
Questi farmaci agiscono bloccando la produzione di androgeni (ormoni maschili) in particolare LH luteinizzante che stimola la funzione testicolare. L’interruzione della produzione di testosterone provoca, così, una conseguente atrofia testicolare.
Oltre al calo della libido, la castrazione chimica riduce sia le fantasie sessuali sia la capacità di eccitazione sessuale. Non prevede l’asportazione/eliminazione delle gonadi maschili e/o femminili come invece accade nella castrazione chirurgica.
Ricapitolando la castrazione chimica sull’uomo ha l’effetto di: ridurre il desiderio sessuale; ridurre le fantasie sessuali; ridurre la capacità di eccitazione sessuale.
Anche nella donna gli effetti sono sovrapponibili.
Gli impulsi sessuali, tuttavia, non dipendono solo dal testosterone ma anche da fattori biologici o psicologici. Marco Inghilleri, vicepresidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione sessuale, afferma che il primo organo sessuale è il cervello e ciascuno ha un proprio cocktail ormonale. La sessualità non è mera chimica. Riducendo il testosterone, se il soggetto venisse messo nell’impossibilità di avere un rapporto sessuale potrebbe comunque cercare di soddisfare il bisogno di esercitare la propria forza e il proprio potere adottando comportamenti violenti di altro tipo ma, ugualmente, pericolosi; quindi, l’odio, che è alla base dei reati (come per chi compie uno stupro) non viene eliminato.
La castrazione chimica è solo la risposta che porta il consenso immediato, dettato dall’onda emotiva, alla vana convinzione di fare giustizia sopra idee del tutto prive di base scientifica. Non è la giusta risposta verso i crimini d’odio.