Ci sono stato appena 19 ore e dico: Poggioreale va chiuso. Questo il titolo di un articolo apparso su L’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 1923 e da poco più di cinque mesi diretto da Piero Sansonetti. A firmarlo è l’europarlamentare Andrea Cozzolino, indagato nell’inchiesta Qatargate e condotto nel carcere napoletano per poche ore prima di essere messo ai domiciliari. Il tempo necessario, insomma, a rendersi conto delle condizioni disumane in cui vivono gli oltre duemila detenuti, quasi 500 in più di quanto consenta la vecchia struttura realizzata nel primo Novecento e per la quale lo stesso Cozzolino opportunamente dichiara che non servono ristrutturazioni, inutile indugiare. Ogni tentativo è solo accanimento terapeutico. Chiuderlo è un’urgenza non rinviabile.
Al 30 aprile di quest’anno i detenuti presenti nelle carceri del nostro Paese erano circa 56mila, dei quali 17.654 cittadini stranieri. 9mila detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, con un tasso di sovraffollamento pari in media al 119%.
Più che condivisibile, dunque, l’articolo dell’europarlamentare sin dal 2009, sospeso dal Partito Democratico dopo il coinvolgimento nello scandalo per corruzione e riciclaggio di denaro nello scorso dicembre. Un articolo il cui contenuto, in quanto allo stato indecente nel quale si trova la struttura e l’inaccettabile affollamento, da anni è denunciato da Samuele Ciambriello, l’instancabile Garante campano dei detenuti: Poggioreale, carcere invaso da topi e blatte. In cella anche 10/12 persone, docce senza acqua calda. Al 9 luglio di quest’anno sono avvenuti 96 morti nelle carceri italiane di cui 33 suicidi, 5 in Campania.
Non la solita passerella dei parlamentari prevista dall’art.67 della legge 354 del 26.7.1975 sull’ordinamento penitenziario, ma un ingresso da detenuto quello di Cozzolino: Una notte, una mattinata, fino al tardo pomeriggio-sera, di qualche mese fa. Accolto in luogo ameno, freddo, scassato; prima in un’orribile stanza, da solo, con una terribile puzza di muffa, poi in infermeria per un rapido controllo, e infine in una cella assieme ad altri otto ospiti detenuti; per lo più giovani delle nostre periferie […] Pochi metri quadrati, occupati da otto letti a castello, un bagno-doccia di fortuna, un piccolo lavello cadente e alcune prese per cucinare, una finestra rotta, utile solo per fumare una sigaretta senza lasciare che la stanza sia pervasa dal fumo. Una condizione fatiscente, una vergogna.
Provare per credere: il motto di una vecchia pubblicità si fa valido per quanti da sempre trattano il tema delle carceri con superficialità e scarsa conoscenza, peggio quando questa realtà è affrontata limitandosi a sporadiche visite da parte di quanti dovrebbero garantire un minimo di condizioni umanamente accettabili ed elaborare forme alternative a un sistema fallimentare, fino a una riforma radicale degna di un Paese civile. Quale l’impegno del governo per mantenere lo stato attuale in termini di risorse? 0,35 centesimi in media al giorno per detenuto e l’attività di rieducazione affidata per la quasi totalità ai volontari. Incide sul sovraffollamento, poi, il ricorso alla custodia cautelare in carcere, pari al 26,6% del totale delle persone detenute, in calo rispetto al passato ma più alto della media europea (fonte Antigone).
Proteste, quelle di Cozzolino e di Samuele Ciambriello, che non trovano un minimo di risposta o, per la richiesta di mascherine e test dopo un caso di Covid nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere dell’aprile di tre anni fa, soffocate con una violenza inaudita, drammatica, per un totale di 177 vittime, 117 indagati e 52 misure cautelari, un processo dagli esiti più che incerti.
1.140 minuti sono stati sufficienti all’europarlamentare per rendersi conto e provare sulla propria pelle quanta mortificazione è capace di causare una classe politica da troppo tempo insensibile e menefreghista su un tema che non solo non porta consensi ma genera malumore in una società altrettanto riluttante su un argomento che, va detto in tutta franchezza, non interessa nessuno se non i soggetti direttamente coinvolti e le loro famiglie.
Esperienza, quella di Cozzolino, resasi possibile per la revoca dell’immunità decisa dal Parlamento Europeo, ma impossibile per la quasi totalità dei parlamentari italiani protetti dall’immunità e dalla solidarietà reciproca che, salvo rarissime eccezioni, non consentirà mai una esperienza detentiva neanche di sole poche ore, al peggio direttamente ai domiciliari.
Quanto mai calzante il motto provare per credere, dunque, condividere anche se per un brevissimo lasso di tempo sofferenze e condizioni inaccettabili che nessun reato, neanche il più grave, può giustificare e assolvere quanti hanno responsabilità politiche e amministrative. Il grado di civiltà di un Paese si misura anche da come questo governa la giustizia. Le parole di Nelson Mandela tornano quanto mai opportune: Si dice che non si conosce veramente una nazione finché non si sia stati nelle sue galere. Una nazione dovrebbe essere giudicata da come tratta non i cittadini più prestigiosi ma i cittadini più umili.