Cambiamento climatico e riscaldamento globale sono argomenti molto dibattuti in questi giorni. Penso e ribadisco, con forza, che in merito a questioni così delicate e importanti per il nostro futuro non dovrebbe essere dato spazio alle opinioni politiche o personali. L’unica voce dovrebbe essere quella dei dati. Specialmente quando da questi pareri derivano azioni e comportamenti che hanno effetto diretto sulla nostra salute.
Per riscaldamento globale si intende l’aumento di lungo termine del sistema climatico della Terra causato dalle attività umane a partire dal periodo preindustriale.
Il clima si riferisce a modelli di precipitazioni, umidità e temperatura di lungo termine, da una stagione ad alcuni decenni, relativi a una regione o all’intero pianeta. Il tempo indica invece le condizioni atmosferiche che si manifestano, a livello locale e per un breve periodo, da pochi minuti ad alcuni giorni (piogge, temporali, vento e inondazioni).
I dati del Programma europeo di osservazione della Terra Copernicus indicano che il 2022 è stato l’anno con l’estate più calda e il secondo anno più caldo di sempre. Aspetteremo, poi, il report del 2023. La maggior parte delle prove scientifiche a disposizione dimostra che tale anomalia è dovuta all’aumento delle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane.
Già Charles Dickens descriveva una città colma di fumo delle fabbriche in una Londra nel pieno della rivoluzione industriale ma, rispetto al passato, oggi inquiniamo molto di più.
Il riscaldamento globale è destinato ad avere conseguenze sulla nostra salute, non solo a livello di effetti diretti quali ondate di calore, frane, inondazioni. Gli effetti indiretti delle temperature in rialzo comprendono l’aumentata diffusione di virus e batteri. In particolare, quelli responsabili delle zoonosi cioè le malattie trasmesse all’uomo dagli animali.
Le zoonosi conosciute sono molto numerose, oltre 200 secondo l’OMS, e il loro studio costituisce uno dei settori di maggior interesse della medicina umana e veterinaria. Sono zoonosi rabbia, leptospirosi, antrace, SARS (incluso SARS-CoV-2); MERS, febbre gialla, la Dengue; HIV, ebola, chikungunya, Covid-19, morbo di Lyme ma anche la più diffusa influenza, solo per citarne alcune.
Tra tutte le malattie emergenti le zoonosi di origine selvatica potrebbero rappresentare in futuro la più consistente minaccia per la salute della popolazione mondiale.
Uno studio di Nature Communication ci dice che il virus ebola è destinato a provocare epidemie con frequenza sempre maggiore in aree in cui, oggi, la malattia non rappresenta un pericolo.
Oltre a ebola abbiamo anche il caso del virus Nipah. Si tratta di un patogeno trasportato da pipistrelli che poi infettano l’uomo con effetti drammatici. I cambiamenti climatici e la deforestazione renderanno sempre più frequenti i contatti dei pipistrelli che causano il contagio con grandi insediamenti umani. Non scordiamoci delle zanzare, capaci di trasmettere un’infinità di agenti patogeni, responsabili di oltre 700 milioni di contagi e un milione di morti ogni anno in tutto il mondo. Le zanzare sono destinate a trovarsi sempre più a proprio agio, in un pianeta stravolto dal riscaldamento climatico.
Contrastare il cambiamento climatico, favorendo le conservazioni degli ecosistemi integri e ripristinando quelli deteriorati dall’uomo, costituisce un approccio lungimirante per tutelare la salute e il benessere delle comunità umane. Per prevenire future pandemie.
Questo è il motivo per il quale, dopo la pandemia da SarsCov-2, ho deciso di aderire alla Nurse for Climate Challenge. Si tratta di un’iniziativa globale volta a mobilitare gli operatori sanitari per educare riguardo gli impatti sulla salute dei cambiamenti climatici. L’assistenza sanitaria, già in profonda crisi, si troverà infatti a fronteggiarne i danni sulla salute umana.
Il cambiamento climatico influisce sui determinanti sociali e ambientali della salute: aria pulita, acqua potabile sicura, cibo sufficiente e riparo sicuro.
Tra il 2030 e il 2050, si prevedono circa 250mila morti supplementari all’anno, dovute a malnutrizione, malaria, diarrea e stress da caldo. Anche a decessi dovuti al calore, lesioni e perdite di vite umane dovute a tempeste e inondazioni, insorgenza di malattie trasmesse da vettori e dall’acqua, esacerbazione delle malattie cardiovascolari e respiratorie a causa dell’inquinamento atmosferico, stress e traumi mentali dovuti a spostamenti forzati e perdita di mezzi di sussistenza e di proprietà.
I costi diretti dei danni alla salute (escludendo cioè i costi in settori chiave per la salute come l’agricoltura, l’acqua e le strutture igienico-sanitarie), sono stimati tra i 2 e i 4 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. A chi conviene, dunque, continuare a far finta di niente?
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L’Europa deve affrontare un rischio sempre più alto di epidemie trasmesse da vettori (iss.it)