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“Soul”: una favola più adulta di quel che sembra

Alessandra Trifari di Alessandra Trifari
4 Gennaio 2021
in Cinema
Tempo di lettura: 4 minuti
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Che cos’è l’anima? Cosa vuol dire vivere? Qual è lo scopo della vita? Quali sono le cose che, alla fine di tutto, hanno realmente importanza? Queste sono solo alcune delle tante domande che Soul, il nuovo film d’animazione Disney Pixar, invita a porsi e che vede alla regia Pete Docter – subito dopo l’acclamato Inside Out – affiancato da Kemp Powers come co-regista. A causa della pandemia di COVID-19, la pellicola è stata distribuita il 25 dicembre in chiaro nel catalogo di Disney+, cioè immediatamente disponibile per tutti gli abbonati, senza costi aggiuntivi come accadde con Mulan. Una scelta che fatto infervorare non poco gli esercenti, convinti che il film sarebbe uscito in sala come programmato dalle stesse Disney Pixar.

La storia vede come protagonista Joe Gardner – doppiato in originale da Jamie Foxx e in italiano da Neri Marcorè –, un insegnante di musica delle scuole medie con una travolgente passione per il jazz. La sua vita non lo soddisfa granché, la vede banale e insulsa, poiché il suo sogno è quello di esibirsi di fronte a un grande pubblico. Proprio quando l’occasione per riscattarsi arriva e viene ingaggiato per suonare nella band della leggenda Dorothea Williams, l’imprevisto è dietro l’angolo. Si tratta della sua morte, o meglio, della sua quasi morte. L’anima di Joe, infatti, si stacca dal corpo e finisce prima nell’Oltre Mondo, una sorta di pre-Aldilà e, in seguito, nell’Ante Mondo, dove le giovani anime si preparano a raggiungere la Terra formando nuovi esseri umani. È qui che Joe fa la conoscenza di 22, un’anima mai incarnata e decisamente riluttante a farlo, convinta che la vita sia solo fonte di dolore.

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L’elemento più interessante del film è senz’altro la creazione dell’Ante Mondo: uno spazio metafisico-astratto dove a ogni nuova anima viene assegnata del tutto casualmente una personalità e dove, per potersi incarnare, deve trovare la cosiddetta scintilla, una vocazione che la spinga a vivere. A spiccare è sicuramente l’animazione stilizzata dei Jerry, i consulenti delle anime e, in particolar modo, di Terry, il conta-anime influenzato – e lo diciamo con una nota di orgoglio – da La Linea di Osvaldo Cavandoli, celebre cartone animato italiano degli anni ’70 e ’80. Trattandosi di un mondo da sempre immaginato dall’essere umano, era importante, infatti, non attribuire alcuna caratteristica troppo distintiva a spazi e personaggi. Da non sottovalutare, la scelta della totale assenza di riferimenti religiosi.

Ma gli animatori hanno fatto un ottimo lavoro anche con il resto dei personaggi, lodevole è soprattutto la cura estrema dei dettagli. Basti guardare il sudore che man mano compare sul viso dei musicisti, le trame dei capelli afro, la luce che gioca sulla pelle nera. Soul è, per l’appunto, il primo film Pixar a presentare un protagonista afroamericano e Docter ci ha tenuto a esplicitare l’attenzione a evitare gli stereotipi poiché c’è una lunga e dolorosa storia di caricature di modelli di design razzisti che sono stati usati per deridere gli afroamericani.

Joe è un uomo adulto che non si sente realizzato davvero e il jazz sembra essere la sua unica ragione di vita. Grazie alle svariate performance musicali (e non solo), sarà impossibile non lasciarsi inebriare da una colonna sonora intensissima, merito del duo Trent Reznor e Atticus Ross, accompagnati da Jon Batiste per le sequenze musicali ambientate a New York. A prestare la voce a 22 è Paola Cortellesi – già sentita ne Il piccolo principe del 2015 – che ci dimostra nuovamente il talento, spesso, dei doppiatori non professionisti. Come dimenticare, del resto, l’immenso Frizzi in Toy Story o un sorprendente Magalli in Hercules.

Se la musica incornicia perfettamente una tela ricca di sentimento, le vere protagoniste sono la passione e la vita stessa. Spesso ci si focalizza così tanto su quella stella luminosa e agognata da non accorgersi del cielo tempestato tutt’attorno, dimenticandosi che essere lì, di fronte a tale spettacolo, è un dono dal valore inestimabile. Non goderselo per timore dei momenti bui è forse l’errore più grande. Magari non sarà il capolavoro indiscusso della Pixar – siamo abituati a standard sempre più alti – e qualche piccolo difettuccio, come un pizzico di discontinuità e un paio di momenti al limite della sospensione dell’incredulità, va ammesso. Nulla che guasti la visione di questa favola moderna, che saltella da simpatiche gag a momenti forti dalla lacrima inevitabile.

Vedere Soul è un po’ come compiere un piccolo viaggio dentro l’anima di ognuno di noi, è come riflettere e porsi domande che, anche se in maniera a volte un tantino banale e retorica, fanno sempre breccia nel cuore. Riflessioni forse ancora alquanto complicate per i più piccoli – sebbene il linguaggio usato negli ultimi tempi, ormai, sia mirato a parlare benissimo sia ad adulti che a bambini –, motivo per cui il film è stato designato come uno dei più maturi ed esistenziali della major. Godimento per gli occhi e per le orecchie, Soul conclude un 2020 piuttosto impetuoso e lo fa con estrema fiducia. Una nota toccante e umana che ci ricorda di vivere la vita al massimo, assaporandone ogni briciola, anche quella che appare più scontata. E mai come quest’anno, forse, lo abbiamo compreso sul serio.

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Alessandra Trifari

Classe 1991. Dottoressa in storia dell'arte e disegnatrice. Scrive da sempre e la sua mente viaggia tra arte, cinema, musica e parità di genere. Dei due sentieri, sceglierà sempre il meno battuto.

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