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“Sotto la pioggia”: quando la propria esistenza sfiora la vita degli altri

Chiara Barbati di Chiara Barbati
3 Maggio 2021
in Billy
Tempo di lettura: 3 minuti
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Sembra quasi una raccolta di racconti, all’inizio. Alla lettura delle prime pagine, la narrazione che passa da una storia all’altra, le vicende apparentemente slegate e senza epiloghi di particolare rilevanza sembrano voler rappresentare spaccati di vite diverse, personaggi senza punti in comune che si susseguono uno dopo l’altro nel racconto di pochi frammenti delle loro esistenze. È questa la prima impressione che fa Sotto la pioggia, il primo romanzo di Pitchaya Sudbanthad, che in Italia è edito da Fazi. Ma, al di là della superficie di un libro apparentemente misterioso, si nasconde molto più di quanto sembri.

Sotto la pioggia sembra un insieme di tante storie perché, per consuetudine o forse per abitudine, ci si aspetta che i protagonisti di un racconto siano i personaggi. Ma in questo libro unico nel suo genere, che sovverte gli schemi convenzionali, il vero protagonista, l’unico elemento comune a tutte le trame, è un luogo. Sudbanthad racconta, infatti, le vicende di chi ha vissuto in una casa di Bangkok attraverso il corso di due secoli, rappresentando le vite di chi l’ha abitata come elementi di passaggio e riconducendo il filo di ogni spaccato sempre allo stesso luogo pregno di storia e di storie.

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sotto la pioggiaQuella che a prima vista sembra una raccolta di racconti, allora, andando avanti con la lettura si rivela un romanzo intrecciato. Le vite dei tanti protagonisti si sfiorano, qualche volta si intersecano, dimostrandosi attori di un’unica grande narrazione. Un medico dell’Ottocento, un fotografo con problemi con la figura paterna, una donna che è stata moglie e madre ed è rimasta sola, una studentessa militante dal passato sofferto: sono solo alcuni dei personaggi che animano il libro con le loro esperienze separate ma unite da un legame sempre più chiaro.

L’esercizio creativo di Pitchaya Sudbanthad possiede l’originalità dell’intentato e riesce, seppur con qualche attimo di confusione, a raccontare una storia diversa in un modo mai fatto prima. La nostalgia di casa è poi evidente nella penna dell’autore. Sudbanthad è un giornalista e vive a New York, ma la protagonista a cui dedica il romanzo, la casa di Bangkok, sembra una malinconica dedica alla sua terra natia. Attraverso le storie dei personaggi più disparati, infatti, la centenaria abitazione e la città che la ospita prendono forma e si lasciano modificare dalle esistenze di chi le incontra, le percorre, le abita.

Ma se lo spazio è qualcosa di fermo e ben definito, se è un luogo il protagonista di questo bizzarro romanzo, al tempo è riservata sorte diversa. La narrazione è fatta di intrecci, di balzi in avanti e indietro lungo la linea del tempo, non esiste un ordine cronologico, solo un continuo viaggiare. I cambiamenti di ambientazione tra un capitolo e l’altro inizialmente rischiano di confondere il lettore che, non appena si affeziona a un personaggio e comincia a comprenderlo, si ritrova catapultato in un altro decennio. Ma i capitoli, messi insieme, delineano segretamente le vicende di ognuno di loro. La struttura complessa del libro, dopo lo stordimento iniziale, riesce a regalare punti di vista inaspettati alla storia di una città che sembra muoversi tra passato e futuro.

Al di là della trama originale e appassionante, il punto di forza di Sotto la pioggia sono le realistiche consapevolezze su cui si basa. Un luogo come protagonista è una scelta insolita, ma paradossalmente regala maggiore realismo. L’angolazione di quel posto e i frammenti di vita dei vari personaggi lasciano percepire la consapevolezza che ognuno è protagonista della propria storia. Ogni personaggio, ogni uomo o donna di cui in qualche modo si parla nel romanzo, è protagonista del proprio capitolo. Eppure, immerso in una trama tutta sua e influenzato da un contesto sconosciuto al lettore, lo è mentre fa da comparsa nelle altre storie. E proprio perché ognuna di esse è personale, il romanzo non permette di conoscere davvero appieno la natura dei suoi personaggi, non si approfondiscono mai del tutto le vicende del singolo. Come a rappresentazione della vita vera, il lettore non può conoscere i personaggi nella loro totalità perché nessuno conosce del tutto nessun altro, se non se stesso.

Ed è forse qui il più grande interrogativo che viene fuori dalla lettura di un testo che non parla di senso della vita ma che, inevitabilmente, induce a riflettere anche su questo. Sotto la pioggia fa pensare a quanto sia importante l’esistenza di ognuno per se stesso e a quanto sia semplicemente di passaggio nella storia degli altri. A quanto ognuno viva la propria vita con protagonismo e a quanto piccolo sia, invece, il suo ruolo nella vita di chi lo circonda.

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