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“La Llorona – le lacrime del male”: folklore messicano per un nuovo capitolo horror

Claudio Gargano di Claudio Gargano
6 Luglio 2021
in Cinema
Tempo di lettura: 4 minuti
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La leggenda narra che nel 1673, in Messico, una donna di origini indios sposò un conquistador spagnolo ed ebbe due figli. Quando l’uomo la tradì con un’altra, impazzita dal dolore, uccise i suoi figli annegandoli nel fiume e poi si tolse la vita. Si racconta che il suo spirito afflitto vaghi da allora in cerca di bambini da prendere con sé e chiunque ne ode il pianto è condannato. Questo l’antefatto del film di Michael Chaves che utilizza il fascino inquietante di una delle più famigerate figure della mitologia e del folklore messicano, la Donna Piangente (Llorona) appunto, già portata sullo schermo nel 1933 da Ramón Peón e nel 1960 da René Cardona. In effetti, questa è solo una delle varianti del mito della Llorona, di cui esistono tante versioni in molti Paesi latini (la Pucullen in Cile, la Sayona in Venezuela, la Barceloneta in Spagna), e quasi tutte hanno in comune il pianto o l’urlo – si veda anche le celtiche Banshee – come elemento acustico che attira i malcapitati di turno.

Dopo il prologo, la vicenda riprende nel 1973 a Los Angeles dove Anna Tate-Garcia (Linda Cordellini), un’assistente sociale, vedova con due figli, interviene in un’apparente situazione di violenza su minori. Infatti, una madre messicana, Patricia Alvarez, tiene segregati i suoi bambini in un armadio. L’intervento di Anna li strappa al sequestro materno ma, senza scendere in dettagli, scatenerà la maledizione dello spirito della Piangente proprio sui suoi piccoli. Quando anche la chiesa, nella figura di Padre Perez, si perde in lungaggini burocratiche, l’unica soluzione è rivolgersi a Rafael, un curandero messicano, ovvero qualcosa di più di un semplice guaritore – come indicherebbe la parola –, un vero e proprio sciamano esperto nella comunicazione con gli spiriti e con il mondo invisibile in generale.

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Il film si inserisce nel cosiddetto Conjuring-Universe, vale a dire l’universo narrativo condiviso iniziato con il film The conjuring – l’evocazione (2013) e proseguito con un sequel ufficiale – entrambi ambientati nei Settanta – e tre spin-off, due sulla bambola maledetta Annabelle (2014 e 2017) e uno sulla suora, The Nun (2018), altro spirito femminile malefico. Il legame narrativo, piuttosto labile, con suddetto universo è dato dalla presenza di Padre Perez che accenna alla vicenda della bambola. Il legame tematico e stilistico è invece molto forte: uno spirito maligno che tormenta una famiglia che si trova già in un momento molto difficile. 

A conferma del fatto che la sofferenza emotiva spesso attira tali presenze, Anna ha infatti perso da poco il marito poliziotto, di origini messicane, e deve vedersela tra il lavoro di assistente sociale e la gestione dei due figli. Stilisticamente, La Llorona prosegue nel solco cominciato, si fa per dire, da James Wan – regista dei primi due efficaci e terrorizzanti The Conjuring, nonché produttore e ideatore dell’intero ciclo –, ovvero grandi spaventi provocati da meccanismi classici dei film di fantasmi: porte sbattute, passi, rumori, possessioni e/o apparizioni terrificanti e improvvise, senza l’utilizzo di sangue e altri elementi splatter. Come in altre pellicole della serie, qui però c’è anche un abuso di Jump-scare, ovvero momenti in cui si salta dalla poltrona, legati ai vari topos elencati. 

Inoltre, lo spirito della Llorona diventa più o meno materiale a seconda delle esigenze del racconto, perdendo così in coerenza narrativa, e visto un po’ troppo spesso, lasciando poco all’immaginazione. Invece di costituire un mistero, le origini della leggenda vengono esplicitate all’inizio. Inoltre, il carico di senso di colpa e sottintesi psicologici inquietanti relativi a questa moderna Medea – la mitologica maga moglie di Giasone che uccise i figli per gelosia – viene trattato solo di striscio. I segni di violenza della Llorona sui bambini che attirano l’attenzione di una collega di Anna potevano generare maggiori equivoci nella trama e insinuare dubbi nello spettatore riguardo la responsabilità della protagonista negli eventi del racconto, nonché riguardo la verità delle immagini che guardiamo: se fossero tutte invenzioni dell’assistente sociale per mascherare eventuali violenze sui figli? Il film, invece, prende altre strade, certamente più congrue al genere.

È interessante la figura del curandero Rafael – interpretato da Raymond Cruz, indimenticabile trafficante esagitato di Breaking bad – che con il suo fare ironico mette lo spettatore in contatto con l’affascinante mondo del folklore messicano, ricco di rituali ed espedienti per scacciare il male, molto peculiari rispetto a quelli cattolici. Basti pensare all’utilizzo delle uova come strumento per verificare la presenza del Male: vengono passate lungo le porte della casa e poi, una volta rotte, si vede se il contenuto è nero o sanguigno. Oppure, ancora, i semi del cosiddetto albero di fuoco messicano, pianta che fu unica testimone dei delitti originari della Piangente, utilizzati come barriera contro lo spirito malvagio. Rafael rientra in quella galleria di medium, esorcisti e indagatori dell’occulto tipici di questi film in cui tali personaggi fungono archetipicamente da mentori e/o aiutanti esperti: Padre Merrin ne L’Esorcista (1973), la Medium Tangina in Poltergeist (1982), i coniugi Warren nei due Conjuring (2013 e 2016). Con la differenza che il curandero risulta apparentemente distaccato e dichiara sfrontatamente di non avere paura. Al momento di agire sembra quasi che non sappia ciò che sta facendo o, forse, lo sa benissimo. La sua ambiguità ne fa sicuramente uno dei personaggi più affascinanti, sul quale avremmo voluto sapere di più.

In conclusione, La Llorona è un film horror di fattura media che non va oltre gli standard attuali del genere, con alcuni elementi comunque molto interessanti. Si poteva certamente approfondire l’enorme materiale mitologico di cui è portatrice la figura della Piangente, nonché i sottintesi psicologici legati ai sensi di colpa che la figura materna deviata porta con sé. Come ulteriore tassello del Conjuring-Universe sicuramente funziona, ma speriamo che il regista Chaves sappia trovare strade più originali con il terzo The conjuring di cui gli è stata già affidata la regia.

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Claudio Gargano

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Regista, autore e montatore cinematografico, Claudio Gargano nel corso della sua attività, ha alternato lavori di regia e montaggio, riprese, scrittura, spaziando in vari campi dell’audiovisivo. Ha scritto, diretto e montato cortometraggi auto-prodotti, selezionati e proiettati in numerosi festival e sulle emittenti televisive nazionali La 7 e Coming Soon, nonché un docu-film sulla Napoli esoterica, ancora in post-produzione. Ha ideato e realizzato lavori di video-arte tra cui la Video-installazione “Le 14 stazioni di Cristo” proiettato su 14 schermi nel colonnato di Piazza del Plebiscito a Napoli nel periodo della Pasqua 2016. Scrive recensioni cinematografiche, racconti e sceneggiature. Ha pubblicato sul periodico bimestrale a tiratura nazionale “Tutto digitale” (n. 67 Aprile 2011 e n. 68 Giugno 2011) gli articoli “Diario di un backstage” parte 1 e 2 sull’esperienza da regista di Backstage sui set cinematografici e il saggio “Jung, i Police, I-ching e QUANT’altro” sul concetto della sincronicità junghiana applicata nel cinema, nella musica e in letteratura, nel volume collettivo “Delle coincidenze” edito da “Ad est dell’Equatore” nel 2012. Ha realizzato Backstage cinematografici su set di film prodotti da RAI Cinema come “Tris di donne & abiti nuziali” con Sergio Castellitto, ha curato il backstage ufficiale del “Napoli Film Festival” (Edizioni 2009/10/11) dove ha potuto intervistare numerosi personaggi della cinematografia mondiale (Ennio Morricone, Jonathan Demme, Paolo Sorrentino, Matt Dillon). E’ stato operatore video per il casting della prima serie di Gomorra, sotto la direzione di Stefano Sollima e Laura Muccino. Nella sua attività realizza video aziendali, spot, documentari, trailer promozionali, video-montaggi a tema e altro ancora.

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