Grande viaggiatore, curioso per indole, scrittore apprezzato in tutta Europa. È Bjorn Larsson, autore svedese, che in Italia lega il suo nome alla casa editrice Iperborea e presenta – in occasione del Salone Internazionale del Libro di Torino – il suo ultimo libro, Nel nome del figlio, concedendosi all’affetto dei tanti lettori presenti.
Tradotto per la prima volta nel nostro Paese nel 1998 con il suo celebre romanzo d’avventura, La vera storia del pirata Long John Silver, Bjorn Larsson raggiunge la popolarità, oltre che con la propria versione del protagonista reso immortale da Robert Louis Stevenson, con Il cerchio celtico (trad. 2000). Entrambi i titoli trovano nel mare il comune denominatore di un successo che si produrrà, negli anni a venire, sotto le forme più svariate della narrativa, sfuggendo, così, alla catalogazione per genere.
Abile a interpretare il presente e maestro nel dare forma, tra le sue pagine, agli argomenti del dibattito sociale, lo scrittore del nord Europa offre – attraverso la sua più recente fatica letteraria, Nel nome del figlio – una proiezione della figura del padre legandola solo ai pochi ricordi che ancora conserva, facendosi largo tra dubbi e vuoti di informazioni, sviluppando una riflessione sul vivere senza radici e il non sentire la necessità dell’appartenenza.
Come per i suoi precedenti romanzi, Bjorn Larsson concede ai suoi personaggi la libertà di non avere un passato, si interroga sulla sua condizione da orfano e mina alla convinzione occidentale secondo cui le radici raffigurino un elemento determinante per il destino di ognuno.
Lo abbiamo intervistato.