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A.D. 2018: ecco in quale Stato (assente) sono le ferrovie del Sud Italia

Pasquale Manella di Pasquale Manella
9 Novembre 2021
in Attualità
Tempo di lettura: 4 minuti
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A distanza di tre lustri e mezzo circa dall’inizio del XXI secolo, la cronaca passa ormai anche e forse soprattutto attraverso quei canali che fino a poco tempo fa avremmo definito non convenzionali e che invece oggi sono preponderanti nell’ambito del panorama mediatico delle comunicazioni e, dunque, del trasferimento di informazioni, come lo è ad esempio WhatsApp. È proprio attraverso la nota app di messaggistica, infatti, che è stata raccolta l’ennesima manifestazione di sconforto denunciata da parte di una tra le tante utenti che durante la stagione estiva fanno uso della rete ferroviaria siciliana, la quale in data 16 luglio 2018 (mi) scrive: Trapani-Marsala; direzione Salemi-Gibellina; monovagone; monorotaia; una motrice; no aria condizionata; non un posto libero a sedere. Un riso amaro la prima volta, la seconda ti senti un cittadino di serie B… neanche un carro bestiame!

E pensare che già quasi un secolo prima della venuta di Cristo sulla Terra circolavano tra le province dell’Impero Romano monete recanti la scritta Italia. A conti fatti, tuttavia, in centocinquantasette anni di storia “unitaria” siamo quindi riusciti a gettare al vento i precedenti millenovecentocinquanta circa di storia culturale e identitaria. Non credo ci sia altro da aggiungere per spiegare il motivo di quanto accada ancora oggi in questa nazione che rimane, ahinoi, né più né meno di una magnifica espressione geografica.

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Da qui, il ricordo non può che andare pertanto nella direzione di un altro fatidico mese di luglio, quello che segnò il 2016, precisamente il giorno 12, là dove sempre di monorotaia si trattò quando alle ore 11:30 di una bollente giornata estiva il Mezzogiorno di tutte le famiglie italiane veniva scosso dal resoconto drammatico inerente lo scontro avvenuto al km 51 tra due treni lungo la tratta Bari-Corato, sul binario unico che univa e (tragicamente) ancora unisce il capoluogo di regione pugliese alla città di Barletta, provocando un totale di cinquanta feriti e ventitré morti, che ci si augura possano trovare giustizia a partire sin dall’udienza preliminare del processo a cui si è dato avvio proprio in data 16 luglio di quest’anno, ovvero lo stesso giorno della ricezione del disarmante WhatsApp di cui sopra.

Nell’ambito di tale udienza è stato illustrato quanto istruito al fine di dar seguito al dibattimento che si prospetta lungo, come lunghi sono e saranno i tempi della giustizia italiana anche per gli imputati che nell’occasione sono stati accusati, a vario titolo, di disastro ferroviario, omicidio colposo, lesioni gravi colpose, omissione dolosa di cautele e falso.

Le indagini hanno fatto rilevare, infatti, che il giorno dell’incidente fu dato l’ok alla partenza del treno senza aspettare l’incrocio con l’altro convoglio. Come se non bastasse, anche il direttore generale del Ministero delle Infrastrutture è stato accusato di non aver compiuto le dovute verifiche e adottato i relativi provvedimenti urgenti per eliminare il sistema del blocco telefonico. Dunque, una vicenda tanto intricata quanto imbarazzante anche sul piano del prestigio di istituzioni che, in ogni caso, continuano a negare l’esigenza strutturale che le regioni del Sud esprimono rispetto alle proprie reti di trasporto, non solo su rotaia, la cui integrazione in relazione a quanto avviene nel Nord dello Stivale le metterebbe in condizioni di maggiore competitività sia all’interno del sistema Paese che in un’ottica di proficua internazionalizzazione degli scambi con realtà mediterranee e asiatico-mediorientali. UE ma, soprattutto, governi italiani permettendo.

Tutto ciò in un contesto informativo in cui a farla da padrona è la questione migratoria nei confronti della quale continua incessantemente a emergere, nell’ambito di ogni discussione a essa rivolta, quel non detto che fa da cerniera storica nel dibattito che concettualmente lega il malessere africano di oggi, dovuto all’azione neo-colonizzatrice perpetrata da parte di ben note potenze europee, e l’irrisolta questione meridionale di gramsciana memoria, che Giovanni Giolitti, Ministro della malavita, fece deflagrare a seguito dei trasferimenti disposti per la ricostruzione che interessò Messina a seguito del terremoto del 1908, momento a partir dal quale non si smise mai più di dire aiutiamoli a casa loro. Ieri per gli italiani del Sud, oggi per gli africani. L’applicazione di tale principio andò talmente bene che tutti, da allora, cominciarono a emigrare.

Ed è esattamente ciò che dal 1861 continuano ininterrottamente a fare, nonostante le costanti accuse di iper-assistenzialismo, le popolazioni del Sud Italia o Africa d’Europa che dir si voglia, come la definì Giovanni Pascoli per descrivere la realtà post-unitaria che egli stesso ebbe modo di sperimentare in prima persona una volta giunto tra le contrade lucane al cospetto delle vicende che avrebbero visto ingiustificatamente imprigionare l’anarchico attentatore Giovanni Passannante. Dunque, una realtà, quella del ritardo infrastrutturale del Sud Italia, a cui nessuno finora ha mai saputo/voluto dare efficacemente risposta, arrivando persino a negarla, affermando che chi è causa del proprio mal pianga se stesso, come viene ricordato ogni volta, anche attraverso sbeffeggianti cori razzisti rivolti alle vittime di quel mal, giudicate aprioristicamente meritevoli del proprio infame destino in quanto colpevoli di essere i carnefici di se stesse.

È da quel mitico, e chissà se sia mai stato pronunciato, obbedisco che le province e poi le regioni del Sud sperano di poter smettere di essere trattate alla stregua di quelli che tutt’oggi continuano a essere poco più che avamposti neo-coloniali per vacanzieri del Nord Italia ed Europa, nonché del resto del mondo, mentre il mainstream nazionale e internazionale trova molto più accattivante dar seguito al reality che viene messo sapientemente in scena ogni sera nei TG in cui si illustra il macabro racconto di barconi fatti salpare e abbandonati alla deriva nel canale di Sicilia, si festeggia la Francia che vince i mondiali di calcio – ma non lo scempio che un manipolo di relativi tifosi ha scimmiescamente commesso ballando sulla fontana di Piazza Campo de’ Fiori a Roma –, ci si indigna con Salvini che dice NO all’attracco di navi militari, tantomeno di quelle che fanno capo alle famigerate ONG, ma soprattutto inneggiano a un mondo, purtroppo popolato anche da tantissima gente del Sud, in cui quel che realmente conta è che Ronaldo sia finalmente passato alla Juve.

Prec.

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