Verona, Anno Domini 2018. Sono passati secoli, non siamo più nel Trecento, epoca in cui sarebbe ambientata la tragedia shakespeariana Romeo e Giulietta, eppure, come accade nel dramma romantico conosciuto in tutto il mondo, c’è qualcuno che lotta perché, oggi come allora, gli è negata la libertà. Nello specifico, di scegliere cosa fare della propria vita e del proprio corpo. È questo, infatti, che sta succedendo nella città veronese, luogo in cui si sta perpetrando una politica che a quarant’anni dalla Legge 194 sulla depenalizzazione e regolamentazione dell’interruzione volontaria di gravidanza sta mettendo in discussione questa e il libero arbitrio di chi decide di sottoporsi a un aborto.
Nella terra che ha dato i natali al Ministro della Famiglia, il leghista Lorenzo Fontana, e in cui l’estrema destra è sempre stata attiva (Verona stessa fu una delle capitali della Repubblica di Salò, sede del Comando della Gestapo durante l’occupazione nazista e sede di gruppi eversivi di matrice nera negli anni Settanta), lo scorso sabato 24 novembre, in concomitanza con lo stato di agitazione permanente e la mobilitazione nazionale di Non una di meno a Roma, c’è stato un flash mob pacifico in Piazza Isolo contro la manifestazione pro-life organizzata dal Comitato NO194 e un convegno di Forza Nuova, poco distante.
Al grido di Verona Vandea d’Europa (scomodando la storia della regione francese che, nel 1793, insorse contro il governo rivoluzionario giacobino), il movimento di estrema destra capeggiato da Roberto Fiore ha scelto proprio il centro veneto come scenario per riunirsi. I risultati della manifestazione antiabortista, tuttavia, non sono stati sicuramente quelli auspicati: i manifestanti del comitato Non una di meno erano molti di più, ma ciò non toglie peso a quello che sta succedendo all’ombra della celebre Arena. Dalla mozione Zelger, delibera comunale del 4 ottobre promossa dal leghista omonimo con la quale, proclamando Verona città a favore della vita, sono stati approvati cospicui finanziamenti ad associazioni e progetti pro-life, il capoluogo si sta muovendo a tutto spiano sul fronte dell’antiabortismo tanto da ospitare, la prossima primavera, il World congress of families (Wcf), il congresso mondiale delle famiglie promosso in Italia dal Ministro Fontana stesso. In nome del nucleo familiare tradizionale ovviamente, chiudendo gli occhi davanti ai numerosi omogenitoriali presenti nel Bel Paese e con la partecipazione di Salvini e del Ministro Pillon, promotore del discutibile decreto che vorrebbe riformare e in questo modo limitare i divorzi in Italia, quindi, Verona si pone come la città che farà cambiare il vento d’Europa.
Partendo dal falso mito che l’aborto sia legato al calo della natalità e applicando la contraddizione ambigua di voler rispettare la 194 dando sempre più sostegno economico ad associazioni e movimenti che vogliono abrogarla piuttosto che finanziare le strutture sanitarie che dovrebbero garantirne l’applicazione, però, mozioni simili a quella promossa da Zelger sono state presentate in altri Comuni italiani. Così si rischia che anche a Ferrara, Trieste, Alessandria, Milano e Roma sia sempre più difficile sottoporsi a un’IVG.
A Verona, intanto, se da una parte Forza Nuova si dice antiabortista perché sei milioni di italiani non nati sono stati sostituiti da sei milioni di immigrati in nome di una resistenza contro la sostituzione etnica, i comitati cittadini che erano a Piazza Isolo e che hanno partecipato alla mobilitazione nazionale nella Capitale al grido di Voi Vandea, noi marea, hanno dato il via a una campagna di informazione e programmato assemblee e manifestazioni, fino a quando non saranno ascoltati e fino a quando questa deriva, frutto di un populismo cieco e ignorante, cessarà.
Ci sono numerosi motivi per i quali una donna arriva alla difficile decisione di interrompere una gravidanza, come la malattia o la violenza, oltre a ragioni economiche, soprattutto in un Paese in cui una chiara progettualità dal punto di vista del welfare familiare è solo un’utopia. Ma qualsiasi possa essere l’agente scatenante, uno Stato che si professa laico, come sembrerebbe essere, almeno sulla carta, l’Italia, deve garantirne i diritti.
Alla fine del flash mob veronese sono state lette storie di donne di Paesi in cui sono in vigore leggi simili a quelle proposte dalle associazioni e dai comitati per la vita nostrani, come Nigeria, Somalia, Libia, Sudan, Afghanistan, Bangladesh, Paraguay, Venezuela e Irlanda (che però ha votato un referendum a favore del cambiamento legislativo). Non è necessario, tuttavia, andare troppo lontano per ascoltare storie di sgomento e dolore legate agli aborti clandestini: basterebbe chiedere alle nostre nonne, le stesse che hanno combattuto e votato per far sì che le generazioni successive non provassero più le sofferenze dell’illegalità. Dovrebbero rappresentare l’esempio più lampante del fatto che tornare indietro è una follia, invece dopo quarant’anni siamo ancora a parlarne.
