Le fatidiche quarantotto ore dell’ultimatum del Presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci sono trascorse ma, al di là di post tracotanti sui social e rimpalli di responsabilità, nulla di rilevante sembra essere accaduto. Con l’ordinanza n.33 del 22 agosto 2020, il Governatore aveva infatti disposto l’improrogabile trasferimento e ricollocazione – come se si trattasse di veri e propri pacchi – di tutti i migranti presenti negli hotspot e centri d’accoglienza, al di fuori della Regione Sicilia, poiché – si legge – allo Stato non è possibile garantire la permanenza nell’isola nel rispetto delle misure sanitarie di prevenzione del contagio. Con lo stesso provvedimento era stata inoltre stabilita per dieci settimane la chiusura dei porti e il divieto d’ingresso nella regione per qualsiasi migrante che raggiunga le coste siciliane a bordo di piccole o grandi imbarcazioni, comprese le ONG.
In realtà, si è chiaramente trattato più di una provocazione propagandistica che di un vero e proprio provvedimento amministrativo, la cui legittimità è stata fin da subito messa in discussione prima da autorevoli costituzionalisti e poi dallo stesso Viminale che dopo un lungo silenzio ha fatto sapere che intende impugnare l’ordinanza poiché priva di qualsiasi valore e legittimità. La gestione dei flussi migratori è infatti materia di competenza statale, ma Musumeci ha giustificato il suo intervento con la necessità di agire in ambito sanitario.
«La Sicilia non può essere invasa mentre l’Europa si gira dall’altro lato e il Governo non attiva alcun respingimento»: queste le parole con cui il Governatore aveva anticipato la volontà di mettere i sigilli agli hotspot dopo la pubblicazione dei dati sui contagi del 22 agosto. La Sicilia conta al momento quasi 4mila positivi, con una rapida crescita negli ultimi giorni, tuttavia, come sostenuto anche dall’Istituto Superiore della Sanità, i contagi tra i migranti rappresentano una percentuale davvero minimale: circa il 3-5% del totale, molti dei quali vengono contagiati una volta arrivati nei centri d’accoglienza. Come sappiamo, però, il capro espiatorio dell’immigrazione è molto comodo ed è capace di liberare tutti gli istinti umani più beceri, nascondendo invece le vere responsabilità di chi avrebbe potuto e dovuto evitare la nuova ondata di positività.
In Sicilia i controlli sugli arrivi dei turisti sono praticamente inesistenti e nelle ultime settimane la regione ha strappato alla Campania il primato del minor numero di tamponi effettuati in rapporto alla popolazione residente. Dunque, l’invasione di cui parla Musumeci c’entra ben poco, dimostrando inoltre anche tutta la sua incompetenza: i trasferimenti programmati avvengono quotidianamente, tuttavia la Sicilia resta la regione di primo ingresso, competente per questo anche delle prime identificazioni. Allora, anziché legiferare e fare la voce grossa, si dovrebbe andare oltre e chiedersi se il sistema di gestione dei flussi migratori, che prevede di fatto la reclusione e l’ammassamento di migliaia di persone in strutture fatiscenti e irrispettose di qualsiasi norma igienico-sanitaria, non violi i diritti fondamentali dell’individuo riconosciuti dalla nostra Costituzione, senza alcuna distinzione di nazionalità e/o provenienza. In base al diritto internazionale, inoltre, nel nostro Paese vige il divieto di respingimenti collettivi e per molte persone si applicano le norme sul diritto d’asilo, la protezione umanitaria e lo status di rifugiato che impongono di esaminare le varie domande prima di effettuare qualsiasi operazione di rimpatrio.
La decisione di Musumeci, comunque, si pone perfettamente nel solco già tracciato dalle politiche migratorie degli ultimi anni, che hanno dimostrato tutto il disinteresse dei nostri esponenti politici nei confronti di vite umane stroncate in mare. Quella cui assistiamo è sicuramente una crisi umanitaria: nella sola settimana dal 13 al 20 agosto ci sono stati quattro naufragi che hanno coinvolto ben novecento persone, di cui molte morte o disperse. Ma si tratta ancor di più di una crisi di umanità e così non stupisce affatto che i toni da sceriffo di Nello Musumeci abbiano ottenuto il plauso incondizionato di Matteo Salvini e dell’intera schiera di Fratelli d’Italia e Forza Italia, che hanno portato abbondante acqua al proprio mulino delle campagne elettorali. Sono quegli esponenti della politica nostrana che non fanno altro che elogiare le bellezze monumentali e artistiche italiane, quindi siciliane, senza però rendersi conto che la maggior parte di queste ricchezze culturali è frutto di dominazioni e influssi stranieri. Basti pensare all’architettura arabo-normanna tipica della regione: la nostra storia è inscindibilmente legata a quella di altri popoli e ciò ci dimostra quanto sia privo di alcun senso il manifesto prima gli italiani.
Intanto, mentre continua questo vergognoso braccio di ferro e Musumeci insiste nel minacciare un ricorso alla magistratura se i soggetti chiamati a dare attuazione a una legittima ordinanza non lo faranno, compiendo una palese omissione, si decide di vite umane come se si trattasse di oggetti da posizionare a proprio piacimento e non di persone che quotidianamente vivono nell’angoscia di vedersi strappata qualsiasi sicurezza, pur non avendo alcuna rosea prospettiva.
Che una svolta nella gestione delle politiche migratorie sia necessaria è certo, altrettanto urgente risulta richiamare l’attenzione sul tema dell’intera Europa e dell’Occidente tutto, che agisce in dispregio di qualsiasi umanità. Tuttavia, il modo non è certamente quello di sottoporre a violazioni dei diritti e violenze i migranti, rendendoli oggetto di un deprecabile ricatto che si consuma, ancora una volta, sulla pelle degli ultimi e dei più deboli.