Qualche giorno fa mi è capitato di imbattermi in una discussione riguardo l’assurda e insensata richiesta dei giovani studenti di ottenere l’aria condizionata nelle aule scolastiche. Sentivo accusare animatamente l’inezia dei ragazzi di oggi – quella solfa che ci siamo un po’ stufati di sentire – che si lamentano del caldo quando noi alla loro età mica avevamo i climatizzatori, se ce la facevamo noi senza possono anche loro e via dicendo. Sentivo sostenere che questi marmocchi viziati con le loro azioni sconsiderate vogliono a tutti i costi un lusso inaccettabile che, oltre a rappresentare un costo enorme, aggraverebbe anche il riscaldamento globale. E poi si definiscono la generazione di Greta Thunberg.
Mentre ascoltavo non potevo proprio fare a meno di pensare che è troppo facile non vedere quando non lo si vuol fare. Mi sono passate davanti agli occhi tutte le disastrose notizie che avevo sentito solo quel giorno riguardo ai disastri climatici e al riscaldamento globale, e mi chiedevo come fosse possibile non fare due più due. Quando ero piccola io – e non sono passati poi così tanti anni – e la temperatura si alzava, il caldo che ricordo toccava i 30°C. E quando a scuola ci andavano i miei genitori, era registrato sui 25°C. Oggi, quando fa caldo, sfioriamo i 40°C, con un’umidità che ne fa percepire ancora di più. Così caldo che non si può definire viziata una generazione che chiede i climatizzatori, ma solo bollita. Sul procinto di evaporare.
Sono spaventose le ondate di calore registrate negli ultimi giorni: in Spagna si sono raggiunti i 47.4°C, temperature toccate anche lo scorso anno, ma a luglio. Quelle di quest’anno si sono presentate con un mese di anticipo, e indubbiamente non significa che leveranno le tende con altrettanta solerzia i primi di agosto. Tutto ciò che ci circonda ci sta dicendo, nel modo più esplicito possibile, che quando ci sembra di essere arrivati al livello di non sopportazione dobbiamo mettere in conto che non siamo neanche lontanamente vicini alla fine. Che se questa ci sembra l’estate più calda della nostra vita vissuta finora, è anche la più fresca che vivremo d’ora in avanti.
Uno studio emerso l’anno scorso, e ricomparso anche quest’anno in seguito alle prime morti per il caldo, ha constatato che a certi livelli di umidità il caldo uccide: il sistema che regola la temperatura smette di funzionare e il nostro corpo, incapace di sudare, letteralmente cuoce. A causa di questo fenomeno, la scorsa estate alcune ondate di calore hanno provocato 4000 vittime tra India e Pakistan. La dimostrazione del fatto che di caldo si muore.
Ciò che proprio non riesco a spiegarmi è come si possa ancora instancabilmente negare il cambiamento climatico e, anche quando lo si riconosce, come si possa decidere di non agire, di non fare tutto ciò che si è in potere di fare per mettere un freno, rallentarlo anche solo un pochino, prima che un evento atmosferico estremo ci spazzi via dalla faccia della Terra. Soltanto oggi, in un solo giorno di questa non ancora iniziata estate, ho perso il conto delle notizie riguardo i disastri climatici in cui mi sono imbattuta.
Il Po è vittima di una siccità senza precedenti. Il livello delle sue acque si è abbassato al di sotto di quello del mare, a tal punto che l’acqua salata è sfociata nel suo letto e sta risalendo il percorso. Un evento del genere, in termini di ripercussioni climatiche, è un disastro. Non solo si distrugge completamente l’ecosistema del fiume, chiaramente inadatto all’acqua salata, ma si annienta anche il sostentamento umano che ruota intorno a esso. Tutte le terre innaffiate e rese fertili dal Po si avvelenano di salsedine, sostanza a cui le piantagioni non resistono, e si perde una fetta enorme, che si estende per chilometri, dei raccolti di cui ci cibiamo – in un periodo in cui c’è pure la crisi del grano.
Intanto fioccano studi su quanto il riscaldamento globale stia distruggendo la vita sul pianeta. Una ricerca condotta dall’Institute for Environmental Genomics dell’Università dell’Oklahoma ha monitorato i cambiamenti del comportamento delle popolazioni di microrganismi del sottosuolo e ha constatato che, se la temperatura aumenta, molti organismi si degradano. L’abbattimento della biodiversità all’interno del sottosuolo crea danni irreparabili. Quei microorganismi invisibili che abitano il terreno sono i responsabili della scomposizione dei materiali organici e non, che dunque assimilano e riconvertono in nuova vita gli organismi morti. Inoltre, è grazie a loro che il suolo riesce a immagazzinare CO2, e riducendo la biodiversità non si fa altro che perdere un altro di quei fattori naturali che limitano in qualche modo il riscaldamento globale.
A tutto ciò, si aggiunge l’incapacità di alcune specie di sopravvivere alle ondate di calore. Secondo uno studio dell’Università di Oslo, i cuccioli di alcune specie di uccelli che sono esposti a intensi periodi di caldo invecchiano più in fretta. I telomeri, componenti della cellula che proteggono i cromosomi e sono responsabili dell’invecchiamento, si sviluppano più corti del normale se nei primi giorni di vita il caldo è troppo intenso. E, dunque, si consumano più in fretta, invecchiano più in fretta e limitano le capacità degli organismi di riprodursi. Conducono, insomma, all’estinzione.
Sommando tutte queste informazioni, e tutte quelle che ci arrivano ogni giorno, non posso fare a meno di chiedermi quale sia il punto di arrivo, quando le azioni intraprese dai singoli e dai gruppi, dagli Stati e dal mondo intero, metteranno davvero al primo posto la lotta al cambiamento climatico e, di conseguenza, la sopravvivenza della specie umana. Mi chiedo quanto ci voglia per capire che se la biodiversità svanisce; i nostri suoli non produrranno più cibo; che se la siccità incalza, non avremo più acqua da bere; e che se il caldo aumenta, non ci sarà climatizzatore che tenga e inizieremo a chiuderci in casa ad alcune ore del giorno perché mettere un piede fuori potrebbe equivalere inequivocabilmente a morire.
Il riscaldamento globale in Cile ha prosciugato un fiume, ha distrutto un sesto della barriera corallina, ci disturba le ore di sonno, modifica la morfologia delle Alpi, uccide, distrugge, abbatte, estingue. Non riesco a contare le risposte di Google quando digito le parole riscaldamento globale. Formano un sovraccarico informativo simile a quello che sta surriscaldando il pianeta. Mi chiedo a quante notizie di catastrofi dobbiamo arrivare per fare qualcosa. E, finora, ho solo perso il conto ma visto nessuna azione.