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Dov’è l’Italia, amore mio?

Eleonora Cepollaro di Eleonora Cepollaro
22 Giugno 2023
in Attualità
Tempo di lettura: 3 minuti
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Il nostro Paese o, meglio, i nostri politici sembrano impegnarsi ogni giorno di più nel tentativo di fornire motivi che spingano a far le valigie e andar via.

Il fatto che l’Italia detenga uno dei primati più tristi, quello relativo ai cosiddetti NEET, acronimo inglese di Not (engaged) in Employment, Education or Training che indica quei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione, è sintomatico di un Paese affetto da patologie. E ignorarle certamente non le guarirà.

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A leggere i dati si stenta a credere non si tratti di una burla. Eppure, non lo è, purtroppo. Nel 2020, infatti, è stato rilevato che i NEET in Italia ammontavano a circa 3 milioni, con una prevalenza femminile pari a 1,7 milioni: cifre che sono valse al Paese della dolce vita il maggiore tasso di NEET in Europa. Definirlo allora il Paese dell’amara vita, ora come ora, suona più appropriato.

Una domanda sorge spontanea: ma questi giovani che non studiano e non lavorano che fanno? È assurdo credere che delle vite, peraltro nel “fior della gioventù”, trascorrano nell’inerzia, senza alcuno stimolo o passione, senza un progetto o un sogno, senza un entusiasmo o un’ambizione, senza rabbia, senza urla, senza movimento, senza una sana ribellione. Verrebbe quasi da definirla “la generazione dei senza”.

Al contempo, chi sembra essere impegnato, nel lavoro o nello studio, nutre il pensiero di andar via. Come dargli torto? Prospettive di futuro non accattivanti, nessuno slancio sociale, un generale immobilismo di quelle politiche che incomprensibilmente continuano a definirsi attive, l’ascensore sociale bloccato ormai da anni, l’amara constatazione che la ricchezza apra più porte della meritocrazia.

Ma davvero l’unico modo per riscattarsi è comprare un biglietto aereo (perché ormai anche quello del treno non basta più) e andare via? Possibile che la tanto famigerata “fuga dei cervelli” continui a essere la soluzione? Possibile che per riuscire a richiamare a sé i propri cittadini bisogna sedurli con sgravi fiscali e agevolazioni? Possibile che la bella Italia sia attraversata da una crisi così profonda da sottrarle ogni fascino e costringerla a prostituirsi?

La verità è che chi può se ne va. È questo che dicono i dati e, per quanto aridi possano essere, fotografano una realtà di fatto che non si può più ignorare. Tuttavia, anche andar via è un lusso. Basti vedere la situazione degli affitti nelle principali città italiane.

Bisognerebbe essere sinceri e ammettere che l’articolo 3 della Costituzione resta sempre più un miraggio, che la Repubblica ha fallito nell’operazione di rimozione degli ostacoli economici e sociali che non permettono il pieno sviluppo della persona umana, che la libertà e l’uguaglianza dei cittadini sono ideali che abitano soltanto l’Iperuranio.

Qualche anno fa, sul palco di Sanremo, il cantautore Francesco Motta chiedeva a piena voce: Dov’è l’Italia, amore mio?. Un interrogativo che mirava a scuotere le coscienze, a provocare una risposta al senso di perdizione e smarrimento di fronte a un Paese irriconoscibile. Motta scrisse il pezzo durante un viaggio, forse perché come suggerisce un altro cantautore, alla giusta distanza, la vista migliora. E allora probabilmente è per questo che si va via: per vedere meglio. Perché a guardare sempre la stessa cosa si rischia di rimanere ciechi.

Mentre all’estero si parla di accorciare la settimana lavorativa e si realizzano i primi esperimenti, si introducono nuove politiche e strategie di contrasto alla povertà e di rilancio, in Italia non si riesce neanche a stilare e consegnare in tempo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che potrebbe regalare magari qualche risposta anche ai NEET e a quelli che vogliono restare ma a condizioni diverse.

Il tempo passa ed è tale lo spreco di capitale umano degli ultimi decenni che non viene neanche più da chiedersi dove sia l’Italia ma soltanto da far le valigie come dopo una fine inevitabile di un rapporto che non ha saputo sopravvivere alla crisi e rigenerarsi nel silenzio.

Nel frattempo che l’Italia si ritrovi, non resta che prendere, ognuno, la strada che può.

Prec.

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