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“Diabolik”: il film dei Manetti Bros divide il pubblico

Alessandra Trifari di Alessandra Trifari
4 Gennaio 2022
in Cinema
Tempo di lettura: 4 minuti
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Fa molto discutere il nuovo lungometraggio di Antonio e Marco Manetti (in arte Manetti Bros). Diabolik, adattamento cinematografico dell’omonimo e celeberrimo fumetto creato dalle sorelle Giussani, lo stavamo attendendo da un bel po’, da quando, nel giugno 2020, è stato diffuso il primo poster del film, per un’uscita in sala inizialmente prevista per il 31 dicembre di quell’anno e poi rimandata a causa della pandemia di COVID-19 al 16 dicembre 2021. Ebbene, il film, che riprende in particolare il n.3, L’arresto di Diabolik, ha letteralmente diviso il pubblico tra chi lo ritiene un ottimo adattamento e chi, invece, ne è rimasto piuttosto deluso. Cerchiamo di capire il perché.

Anzitutto, definire Diabolik un semplice fumetto italiano è inappropriato e riduttivo. Angela e Luciana Giussani non hanno solo creato, nel 1962, un personaggio fittizio e carismatico, hanno dato vita a un’icona. Un crescendo – il fumetto è esploso circa due anni dopo la sua creazione – destinato a diventare vero e proprio fenomeno mediatico anche oltralpe e che si è reso precursore del genere del fumetto nero italiano. Oggi, con più di ottocento numeri pubblicati, continua ad appassionare generazioni su generazioni e la dimostrazione è stata vedere in sala una grande varietà di pubblico, dai più adulti ai giovanissimi. Forse perché Diabolik, una volta entrato in te, difficilmente riesce a uscirne. Questo genio del crimine dagli occhi di ghiaccio, maestro dei travestimenti e del furto, stratega, spietato, letale. Personaggio controverso e senza scrupoli, sa combattere, giocare d’astuzia, usare le armi più assurde (celebre il suo lancio dei coltelli) e scamparla sempre e comunque.

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E, forse, la prima nota dolente, sebbene alcuni non l’abbiano trovato un problema, è purtroppo il Diabolik interpretato da Luca Marinelli. Attore fenomenale, che aveva dato prova delle sue immense doti recitative nel ruolo dello Zingaro all’interno de Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti, un pazzo psicopatico, sociopatico e terrificante proprio perché del tutto imprevedibile. Ci aveva stregato. Qui, attaccatura dei capelli e accento romano a parte, è proprio l’attore a non risultare abbastanza convincente nei panni del personaggio. Poca la somiglianza fisica e, ci dispiace, ma lo sguardo magnetico di Diabolik – che nei trailer, tuttavia, non era sembrato neanche così male – è un’altra storia.

Se il Diabolik di Marinelli non ha soddisfatto le aspettative di molti, non si può dire lo stesso degli altri due personaggi principali, Eva Kant e l’ispettore Ginko. Miriam Leone è a dir poco divina nelle vesti della compagna di vita e complice di crimini di Diabolik, bellissima e fatale proprio come la Kant dovrebbe essere. Esordisce, non a caso, nel terzo numero della serie e, se inizialmente risulta poco caratterizzata e più come una spalla, in seguito si confermerà indispensabile, una donna indipendente, forte e fiera, personificazione della moderna femminilità, molto avanti per gli anni della sua creazione. Talmente prorompente da sembrare in realtà lei la protagonista del film. Ginko è Valerio Mastandrea e anche lui ha convinto la maggioranza, interpretando la nota nemesi di Diabolik. Un poliziotto astuto, onesto e giudizioso. Ostinato ad acciuffare il più pericoloso ladro e assassino di tutti i tempi, Mastandrea ha saputo calarsi nel personaggio, cogliendone le sfumature di espressioni e movimenti.

Un adattamento omonimo su questo affascinante fuorilegge era, in realtà, già stato prodotto nel 1968 dal regista Mario Bava. Si rifaceva ad alcuni episodi dei fumetti, come Sepolto vivo!, Lotta disperata e L’ombra nella notte, e aveva come protagonista John Phillip Law, decisamente un Diabolik molto più somigliante e credibile. Assieme a lui, Marisa Mell come Eva Kant e Michel Piccoli nei panni di Ginko. Bava aveva osato e sperimentato parecchio all’epoca, proponendo un’opera più distante dal fumetto ma comunque estremamente originale e accattivante. Il Diabolik dei Manetti Bros è senza dubbio più fedele all’opera prima e la volontà dei registi è stata proprio quella di cercare di portare in vita il fumetto e l’ispirazione dello stesso verso quel noir stile anni Sessanta, assieme ai film di 007. Tuttavia, non sempre ciò che funziona sulla carta fa altrettanto sullo schermo. In molti hanno criticato i dialoghi arcaici, ad esempio, nonostante l’intento fosse quello di mantenere il parlato dell’epoca che ritroviamo anche negli albi.

Ma la pecca maggiore di questo film riguarda il resto del cast. Non male Serena Rossi come Elisabeth e ci ha fatto molto piacere anche ritrovare Claudia Gerini, che qui interpreta la signora Morel ma che in passato era stata una stupenda Eva Kant al fianco di Daniel McVicar nel videoclip Amore impossibile dei Tiromancino. Un piccolo omaggio al Diabolik di Bava. In questo film stonano terribilmente le pessime interpretazioni degli altri personaggi. Una recitazione da fiction scadente che guasta necessariamente l’intera visione e che non possiamo fare a meno di condannare.

Belle le ambientazioni anni Sessanta nei luoghi immaginari di Clerville o Ghenf (sebbene non sia così difficile percepire città come Bologna o Milano), quell’atmosfera suggestiva e sospesa, tipica delle Giussani che non fornivano mai troppi riferimenti spazio-temporali, probabilmente per non precludersi il pubblico non italiano. Anche la regia fa il suo dovere, con abili movimenti della macchina da presa e scene action anche piuttosto avvincenti. Peccato che a un certo punto i Manetti abbiano avuto uno svenimento e il film risulti come scisso in due parti, di cui la seconda dal ritmo lento e debole, quasi come appartenente a un altro lavoro, forse a causa dell’aver voluto unire (male) due albi diversi.

In conclusione, anche se il Diabolik dei Manetti Bros non raggiunge la sufficienza, almeno per noi, dobbiamo riconoscere loro il coraggio nell’aver osato, ancora una volta, all’interno del panorama cinematografico italiano. È grazie ad autori come Gabriele Mainetti o Roberto De Feo che il cinema italiano riesce a rinnovarsi e distaccarsi da una tradizione ormai incartapecorita, ricercando nuovi spunti e dimostrando che, nonostante tutto, possiamo essere anche fantasy, horror, action. D’altronde, il budget di dieci milioni di euro non era poi così malaccio. Pare, inoltre, che la 01 Distribution abbia annunciato un sequel e le voci che girano vedono la sostituzione di Marinelli con l’attore italo-canadese, star di Grey’s Anatomy, Giacomo Gianniotti. Sarà vero?

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Classe 1991. Dottoressa in storia dell'arte e disegnatrice. Scrive da sempre e la sua mente viaggia tra arte, cinema, musica e parità di genere. Dei due sentieri, sceglierà sempre il meno battuto.

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