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Ddl Zan: i diritti civili dovrebbero essere apartitici

Chiara Barbati di Chiara Barbati
5 Maggio 2021
in Attualità
Tempo di lettura: 4 minuti
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Il ddl Zan è stato finalmente calendarizzato. A due anni dalla presentazione e a cinque mesi dalla sua approvazione alla Camera, si può aprire anche in Senato la discussione che porterà alla votazione. Dopo opposizioni, critiche, polemiche e addirittura ostruzionismo, la legge che tenta di riconoscere e punire crimini d’odio e discriminazioni nei confronti di ogni minoranza bistrattata fa un piccolo passo verso la luce. La calendarizzazione è passata con 13 sì e 11 no, numeri che la dicono lunga su quanto la tutela dei diritti civili valga davvero per l’Italia e i suoi rappresentanti.

In questi mesi di ritardi e polemiche, è apparsa chiara una sconcertante posizione: il ddl Zan – e, dunque il riconoscimento delle tutele delle minoranze – è una questione di sinistra, osteggiata dalla destra. Una canzone che, in Italia, si canta da tanto.

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A dir la verità, non è che la sinistra italiana sia la perfetta incarnazione dei principi che dovrebbe ispirare. Anzi, tra alti e bassi, interessi che superano i valori su cui dovrebbe fondarsi e frequenti derive a destra, la sinistra nel nostro Paese non rappresenta certamente il più esemplare prototipo di fazione politica che ha a cuore i diritti di tutti, dei più fragili soprattutto. Molto spesso, inoltre, è stato sottolineato quanto il riconoscimento dei diritti non basti senza una vera e propria azione di tutela che tenti di colmare quei divari. Si vedano, per esempio, le garanzie a difesa delle donne, che sono ufficialmente riconosciute come pari agli uomini: le azioni perché tale parità sia effettivamente garantita non vengono conseguite, sebbene la Costituzione sancisca che il riconoscimento dei diritti non basti, di per sé, ma debba essere seguito da pratiche atte a garantirli. Ad ogni modo, al di là degli interventi – o non interventi – e dei partiti che se ne fanno promotori spesso solo a parole, quello dei diritti civili è un tema che viene automaticamente ricondotto a politiche, valori e interessi tipici della sinistra e considerato estremamente lontano anche dalla più moderata destra.

In effetti, negli ultimi anni, le battaglie a cui i partiti di destra più acclamati si sono dedicati hanno sempre avuto a che fare con la negazione dei diritti. Prima parlare di inclusione di genere nelle scuole confondeva i bambini. Poi le unioni omosessuali erano contro natura. Dopo ancora l’adozione per coppie omogenitoriali avrebbe comportato traumi irreparabili per i bambini con due mamme o due papà. Oggi, condannare le discriminazioni diventa una minaccia alla libertà di espressione. Insomma, una cosa è certa: alla nostra destra non solo il riconoscimento dei diritti civili non importa, ma non piace affatto, tanto da tentare costantemente di ostacolarlo.

Questa tendenza è diventata talmente naturale nel nostro Paese che ormai ci aspettiamo l’opposizione dei partiti di destra al ddl Zan, ci aspettiamo le battaglie dei loro leader, ci aspettiamo che i loro valori coincidano con la negazione delle tutele delle minoranze. Il problema, però, è che non dovrebbe essere così. Perché i diritti civili non sono una questione di orientamento politico, mai. Per comprenderlo, basta allungare lo sguardo verso altri paesi, paesi lontani dall’essere perfetti, ma che ci ricordano una lezione che non andrebbe dimenticata.

In Inghilterra, per esempio, sono stati due governi conservatori, rispettivamente nel 2010 e nel 2014, a tutelare le persone dalle discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale e a introdurre il matrimonio egualitario. In Portogallo, è stato il governo di centrodestra di Silva a inserire l’identità di genere tra i fattori per cui essere tutelati dalle discriminazioni. Nel 2004, il governo di centrodestra francese ha istituito la legge contro omofobia e nel 2005 in Grecia è sempre stato un governo di centrodestra a istituire la legge sulla parità di trattamento indipendentemente da razza, religione, origine etnica, età, orientamento sessuale e disabilità. E, se vogliamo guardare ancora più lontano, è bene ricordare che Abramo Lincoln, mentre lottava per l’abolizione della schiavitù, apparteneva al partito repubblicano. Insomma, in luoghi e tempi diversi, la destra non è stata nemica giurata dei diritti civili, ma modesta alleata tanto quanto può esserlo la sinistra. Eppure, in Italia e non solo, sembra tutto molto diverso.

Ora, lungi da noi voler difendere orientamenti politici anni luce distanti dai nostri dichiarati valori, ci troviamo inevitabilmente a dover distinguere tra il concetto di destra e ciò che invece in Italia la destra rappresenta. Il termine destra indica un orientamento politico conservatore, liberale, capitalista, ma anche gerarchico e nazionalista. Definizioni che, ovviamente, su Mar dei Sargassi non condividiamo, ma rispettiamo come lecite posizioni diverse dalle nostre. Non ci sono però, nella definizione di destra o di centrodestra, la discriminazione, l’autoritarismo o la becera mancanza di umanità. Non c’è la lotta fino alla morte all’orrore dei diritti civili. Quelle sono caratteristiche dell’estrema destra, dei fascismi, delle dittature di un passato troppo vicino per essere stato già dimenticato. E sono anche le caratteristiche più evidenti della destra italiana.

In Italia, infatti, la destra alimenta paure irrazionali e infondate secondo le quali il riconoscimento dei diritti civili porti a una serie di catastrofi che vanno dalla cancellazione della festa della mamma all’estinzione della specie. In Italia, la destra ritiene che accogliere i rifugiati significhi danneggiare i cittadini. In Italia, la destra sostiene che riconoscere diritti a qualcuno ne sottragga a qualcun altro. Alla luce di queste considerazioni, non crediamo che destra, o addirittura centrodestra, siano i giusti termini per definire certi orientamenti. E non c’è neanche da parlare di valori non condivisi, perché quelli fondati sulle differenze tra esseri umani non possono definirsi tali.

Noi non sposiamo i valori della destra e non lo faremo mai. Ma siamo certi che la pluralità di opinioni e di orientamenti politici sia una ricchezza, anzi, sia l’unica arma contro i totalitarismi di qualunque genere. È diventato chiaro, però, che quella italiana, quella tanto acclamata dal popolo, non sia destra. Non si tratta solo di ideali che non condividiamo, si tratta di echi neanche tanto sottili di un fascismo che non ha mai abbandonato le nostre case, che continua a discriminare, a giudicare e a negare i diritti civili, quelli che non dovrebbero avere partito o orientamento, ma solo umanità. E quando è questa a mancare, non è più di politica che si parla.

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