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Voto unanime in Italia e in Europa: no alla guerra

Alessandro Campaiola di Alessandro Campaiola
10 Luglio 2024
in L'Anguilla
Tempo di lettura: 4 minuti
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Nelle ultime due settimane, in Italia e in Europa, si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Parlamento di Bruxelles e il doppio turno per la nomina dei sindaci di vari capoluoghi del Bel Paese. Tra Europee e Amministrative, i cittadini comunitari sono stati chiamati a esprimere il loro voto. I risultati, come poche altre volte prima, rischiano di determinare il futuro dell’intera Unione Europea e, chissà, forse del mondo.

Partiamo dall’Italia, la cui analisi ci interessa più da vicino, anche alla luce dei ballottaggi di lunedì 24 giugno. Tutti i partiti (o quasi) perdono voti, il patto sociale tra Stato e cittadinanza è ormai rotto e la preferenza espressa dagli aventi diritto è sintomo della rassegnazione a quello che – a seconda delle circostanze – viene visto come il male minore.

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I partiti esultano, tutti, forti di percentuali più o meno lusinghiere offerte da una lettura funambolesca di dati che – a voler essere precisi – recitano più o meno così:

– Astensione: 52% 

– Fratelli d’Italia: 14%

– Partito Democratico: 12%

– MoVimento 5 Stelle: 5%

– Lega: 4%

Stando a quanto riportato dai giornali di casa nostra, e prontamente ripreso dalle forze politiche, il Paese si confermerebbe compatto nel rinsaldare la fiducia alla Premier Meloni, il che non è assolutamente vero. Il partito della leader della maggioranza di governo, infatti, è stato votato soltanto da 14 aventi diritto su 100 e il numero crolla ancora se alle percentuali di due settimane fa si sommano quelli dei ballottaggi del weekend appena trascorso.

Non vi è più un vincitore, ma qualcuno che perde meno degli altri. Ciò che viene fuori è il dato allarmante della sfiducia nelle istituzioni: le persone non votano, credono – anzi – che chiunque occuperà l’ambita poltrona non farà altro che perseguire gli interessi di chi comanda, che si tratti di Bruxelles, di Washington, di Kiev o addirittura di Tel Aviv. Il primo punto che va letto con grande attenzione è, infatti, a livello continentale un diffuso no alla guerra, no alle politiche guerrafondaie promosse dalla NATO contro la Russia, no alle armi come unica voce di investimento dei governi nazionali, no alla delega della propria sovranità.

Dall’asse democratico in Italia, passando ai clamorosi tonfi europei del Cancelliere tedesco Olaf Sholz e del Presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron, il sentire dei cittadini comunitari è unanime e punisce la sudditanza delle nostre pseudo-democrazie nei riguardi della Casa Bianca per quel che riguarda la guerra tra Russia e Ucraina e condanna il totale disinteresse nei riguardi del genocidio subito dal popolo palestinese, massacrato da Netanyahu senza colpo ferire degli Alleati e dell’ONU. Chiunque minacci un conflitto che rischia di estendersi è stato spazzato via nel segreto delle cabine.

Non basta più dividere il mondo tra buoni e cattivi, non basta più lo spauracchio del fascismo come deterrente. Le forze democratiche che avevano voluto l’Unione Europea hanno fallito, creando – di fatto – una circolazione davvero libera soltanto per i pacchi di Amazon, mentre le piccole aziende, i lavoratori e i cittadini del ceto medio sono affamati dal capitalismo di stampo liberista che ha creato l’oligopolio delle multinazionali che oggi spingono per l’estensione della guerra.

Il patto sociale tra cittadino e Stato è caduto. Quando un medico o un infermiere sceglie di lavorare per un privato o, addirittura, di volare via all’estero; quando alle prime piogge si contano i morti della mancata manutenzione, mentre l’unica opera infrastrutturale che sembra contare è un improbabile ponte tra Messina e Reggio Calabria; quando la scuola pubblica diploma soltanto 2 studenti su 3, lasciando il 33% mancante alle paritarie; quando l’unica voce del PIL che aumenta quasi a raddoppiare è quella relativa alla Difesa, non c’è altra lettura da dare a quella metà del Paese che si lascia trascinare da ciò che gli verrà imposto: non ci crediamo più!

Dove c’è povertà si vota meno che altrove, la disillusione è più forte. A dare misura della disaffezione verso il processo democratico e al disincanto rispetto ai propri rappresentanti è anche il dato per cui le schede nulle quasi raddoppiano i voti raggiunti da Carlo Calenda. La democrazia è deviata, il Paese è in balia di una oligarchia che sa di anarchia.

Non è un caso se l’unico gruppo che ha visto crescere a dismisura le preferenze accordategli è quello di Alleanza Verdi Sinistra, ossia quelli che dicono no alla guerra ma sì ai diritti; non è un caso se a votarli in maggioranza sono stati i giovani e gli italiani residenti all’estero, ossia le nuove speranze e chi se n’è andato e forse avrebbe voluto restare. I valori di chi ha preceduto queste generazioni e ancora mantiene il potere in Italia, in Europa e nel mondo non sono i loro, che guardano all’altro come una risorsa, allo scambio culturale come arricchimento, agli aerei come mezzi di interconnessione tra le persone anziché spauracchi per la cancellazione del mondo.

Il futuro è loro, ma quale?

Prec.

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