Quando viene dicembre (e qui cito l’illustrissima Anastasia Romanov dal film d’animazione Anastasia) mi viene sempre voglia di recuperare romanzi russi. Sarà che fanno pensare alla neve, ai palazzi nobiliari, a dinastie decadute, ma il mese delle feste per eccellenza è il momento ideale per sedersi al caldo e immergersi in un bel mattone. Come sempre, nella scelta, mi sono venuti in aiuto i sondaggi e le persone che vi partecipano.
Iniziamo con i classici che non hanno bisogno di presentazioni: il primo su tutti, Il Maestro e Margherita di Bulgakov. E poi La figlia del capitano di Puškin; Le anime morte, poema di Gogol’, e Oblomov di Gončarov; proseguiamo con Padri e figlie di Turgenev, e come non citare Il dottor Živago di Boris Pasternak? E Marina Cvetaeva con il suo Sonečka.
Approfondiamo però anche testi meno conosciuti, che è poi il senso e il fine di questi sondaggi.
Il primo che mi hanno consigliato in molti è Mosca sulla vodka (o Mosca-Petuškì: poema ferroviario, nel titolo originale) di Venedikt Vasil’evič Erofeev, capolavoro della letteratura clandestina, censurato per immoralità. Chi me lo ha nominato ha assicurato che il suo protagonista è uno che non si dimentica. Ecco la sinossi: “Soliloquio di un ubriacone lirico salito sul treno che lo porterà dall’amata, resoconto rabelesiano di una sbornia colossale (talmente colossale che, alla fine, il viaggiatore si ritrova al punto di partenza). Già circolava nell’Unione Sovietica come samizdat, cioè attraverso canali clandestini. Si tratta, certamente, della ‘parodia più russa di tutta la letteratura russa’, come scrive Le Monde, ma anche di un ‘poema tragico’, come suggerisce l’autore”.
Passiamo a un altro titolo caldo: Il biglietto stellato di Vasilij Aksjonov. La persona che me l’ha consigliato mi ha raccontato il libro così: “È un romanzo di formazione molto delicato, è stato scritto e pubblicato nei primi anni ’60, dopo la destalinizzazione. Un gruppo di amici va verso l’Estonia, respirando un po’ l’aria occidentale. Il biglietto stellato è la visione finale del protagonista, che vede uno scorcio di cielo, piccolo come un biglietto ferroviario pieno di stelle”. Pubblicato nel 1961 a puntate sul mensile Junost, il romanzo divenne il primo bestseller della storia editoriale sovietica, vero caso internazionale tradotto subito in decine di paesi.
Andiamo avanti con Picnic sul ciglio della strada dei fratelli Strugackij, romanzo di fantascienza pubblicato per la prima volta nel 1972 e che ha ispirato il film Stalker di Andrej Tarkovskij (per i fan del regista, consiglio di recuperare anche il libro nella riedizione di Marcos y Marcos del 2012); sempre dei fratelli Strugackij si aggiunge La città condannata. Il mio lettore racconta: “Ci troviamo in una città x in luogo x nel tempo x. Gli abitanti sono di nazionalità diverse e parlano lingue diverse, ma si capiscono tutti senza bisogno di traduzione. La città è stretta e lunga: da un lato un baratro di cui non si vede il fondo, dall’altro una parete rocciosa di cui non si vede la cima. Ai margini della città si estendono zone selvagge/abbandonate strette fra questi due elementi geografici e di cui non si conosce l’estensione in lunghezza. Che posto è? Perché le persone che sono lì sono finite lì?”. Potete scoprirlo (o forse no) leggendo l’ultima edizione del romanzo pubblicata da Carbonio (2020).
Continuiamo con Muschio bianco di Anna Nerkagi (uscito nel 1996, ma proprio quest’anno è comparso in una bellissima riedizione di Utopia) consigliato da una lettrice che lo racconta così: “Anna Nerkagi in questo libro descrive la sua comunità dei nenec che abitano nella tundra siberiana, la sua poetica è incredibile. Consigliato a chi ama Jack London, perché ci sono dinamiche simili ma con una maggiore sensibilità qui”; e Il libro invisibile di Sergej Dovlatov (pubblicato nella prima parte nel 1978 e nella seconda nel 1985, ma si può recuperare l’edizione più recente di Sellerio del 2007) con questa sinossi: “I tentativi fallimentari dell’autore di essere pubblicato nel difficile ambiente della Russia Sovietica. Una «commedia autobiografica» in cui tragico e comico si coniugano, come sempre, magistralmente”.
E, ancora, Il monastero di Zachar Prilepin, romanzo del 2014 in cui l’autore affronta un tema spinoso e attuale, quello del rapporto di un paese con la propria storia. Il romanzo ha ottenuto nel 2014 i premi Kniga Goda (Libro dell’anno) e Bol’šaja Kniga (Grande libro), nel 2016 il premio Ivo Andrič e il premio del Governo Federale russo per la cultura. Chi me l’ha consigliato racconta: “Su Prilepin, non come autore ma come uomo, sorvolerei, ma Il monastero è una bellissima lettura di ottocento pagine che descrive la vita nel primo esperimento gulag, le isole Solovki, pagine molto avvincenti, tantissimi personaggi che seguono un solo protagonista, con l’unico obiettivo quello di non perdere la propria natura umana”.
Proseguiamo con Dialettica di un Periodo di Transizione dal Nulla al Niente di Viktor Pelvin (2007) raccontato così: “Titolo strepitoso per un romanzo non indimenticabile. Ma, c’è un grande ma: è un libro che spiega benissimo il periodo di smarrimento seguito alla caduta dell’URSS, descrive quindi quel groviglio caotico della società russa post 1989, tra mafie, derive kitsch, affari, oligarchi, ricerca di nuovi ideali”. Dunque consigliatissimo per chi cerca informazioni di prima mano riguardo a quel periodo storico.
Sulla stessa scia, per lo stesso motivo, Niente è vero, tutto è possibile di Peter Pomerantsev, non un romanzo, ma – come dice chi l’ha già letto – “consigliato per chi vuole comprendere la complicatissima assurdità che la Russia ha affrontato e affronta tutt’oggi dal crollo dell’URSS e che, personalmente, trovo molto interessante. Parlo del periodo in cui la Russia ha avuto una fase ultra capitalista ed era dominata da gangster surreali. A livello cinematografico, i film di Balabanov la descrivono perfettamente”.
Restando più o meno in zona dissidenze e ribellioni di personaggi sui generis, consigliano anche Diario di un fallito e Il poeta russo preferisce i grandi negri di Limonov.
Inoltre, Una giornata di Ivan Denisovič di Aleksandr Solženicyn, testo pubblicato nel 1962 (e riedito da Einaudi nel 2019). Ecco la sinossi: “La prima opera a raccontare la vita in un Gulag di un uomo semplice, e a farlo dal punto di vista della grande letteratura russa, nel solco di Tolstoj e Dostoevskij. La stessa classica sobrietà si ritrova nei due racconti successivi. Protagonista di La casa di Matrëna è una povera contadina, presso la quale va a vivere un ex deportato, che mitemente subisce ripetute ingiustizie. Accadde alla stazione di Kočetovka illustra invece la parabola morale di un «uomo sovietico», nel quale il germe della sospettosità staliniana s’è tanto radicato da portarlo a commettere una mostruosa ingiustizia. Un capolavoro stilistico messo a fuoco da questa traduzione, basata sull’edizione definitiva riveduta e corretta dall’autore. Le precedenti derivavano dalla prima edizione del racconto, frutto di compromessi tra l’autore e gli apparati di censura”.
In ultima battuta, ma non ultimo per importanza, Stalingrado di Vasilij Grossman, romanzo che consiglio nell’edizione Adelphi 2022, restaurata e inedita, uscita dapprima in lingua inglese nel 2019, e che contiene materiali aggiuntivi tratti dai manoscritti che erano stati purgati nelle precedenti edizioni. La trama raccontata da chi l’ha consigliato: “Si tratta dell’epopea della Battaglia di Stalingrado vista nei minimi dettagli che racconta i 180 giorni; e racconta anche i soldati sovietici che hanno combattuto nella famosa casa di Pavlov rimasti lì per 100 giorni accerchiati dai tedeschi nazisti. I punti di vista di tutti i generali da entrambe le parti e degli stessi soldati fino alla resa della 6° armata tedesca il 2 febbraio 1943”.
Restando sulla narrativa russa più contemporanea (che, rimproverano, è troppo poco considerata): Il conte T di Viktor Pelevin (2018), romanzo giallo in cui, cito da Die Welt “Pelevin fornisce un puzzle postmoderno della letteratura russa nello stile di un mix di Dan Brown, James Bond e Wikipedia”. E La scuola degli sciocchi di Sasha Sokolov (2007), romanzo molto interessante con questa sinossi: “Subito si scopre che il protagonista non è un ragazzo ‘normale’: frequenta una scuola differenziale, ‘la scuola degli sciocchi’, e il suo racconto in realtà è l’ininterrotto, poetico dialogo con l’altro se stesso, un sé che giudica e controlla, opposto a quello che esprime speranza, amore, delusione. E in questo dialogo mille vite e mille personaggi arrivano ad avere un corpo, una voce, una storia: l’amata Veta, la ragazza che aspetta vicino alla stazione; il geografo Norvegov spirito libero e impavido, che sfida apertamente la crudele tirannia del sistema e dei suoi burocrati; il tristo dottor Zauze e i funzionari scolastici. Il giovane protagonista parla delle tappe fondamentali della vita: il rapporto con la famiglia, la società, gli altri, l’amore. E ne parla nell’unico modo possibile, fuori dalla normalità”. Probabilmente un testo adatto anche alla lettura in classe.
E ancora: Zero di Anna Starobinec (2012) raccontato così da chi me l’ha consigliato: “È un romanzo distopico che, come tutti i romanzi distopici, ti inquieta perché è quello che potrebbe diventare facilmente la realtà. In questo caso, la realtà se decidessimo di eliminare ogni forma di sentimento, emozione e di individualismo. È quindi anche una riflessione sui regimi totalitaristici, sul senso di solitudine che può celarsi dietro l’iperconnessione digitale, sul pericolo che può rappresentare un’ideologia. Ah! E non manca la parte romantica per noi anime sensibili: l’amore come forza irriducibile, irrazionale e vitale in un mondo di identità numeriche (il che, in parte, giustifica il nome del protagonista Zero)”.
Per racconti e raccolte di racconti: Racconti di Anton Čechov; Il naso di Gogol’ (a cui i miei lettori hanno abbinato un consiglio di tipo cinematografico, ovvero vedere il film Il naso o la cospirazione degli anticonformisti di Andrey Khrzhanovsky, che prende ispirazione dal racconto omonimo).
Per la poesia: Scusate l’amore di Marina Cvetaeva e Poema senza eroe di Anna Achmatova.
Ed ecco, alla fine come sempre, i miei personalissimi consigli, qualche classico, racconti e testi che ho letto e mi sono piaciuti:
– se non l’aveste ancora fatto, insieme al Il Maestro e Margherita, recuperate anche Anna Karenina di Tolstoj (edizione Feltrinelli 2013 oppure edizione Einaudi 2017);
– Il viaggiatore incantato di Leskov (uscito in riedizione Neri Pozza proprio lo scorso novembre);
– Una bellezza russa e altri racconti di Nabokov (Adelphi, 2013);
– Il ballo di Irène Némirovsky (Adelphi, 2005);
– Olesja di Aleksandr Kuprin (edizione illustrata di In Transito, 2023);
– Il lacché e la puttana di Nina Berberova (Adelphi, 1991).
Bonus (perché era francese ma nato a San Pietroburgo), Memorie di un baro di Sasha Guitry (Adelphi, 2022).
Insomma, per farla breve: consultate la sezione narrativa russa di Adelphi.