Napoli e il Vesuvio, una sorta di amore e timore che va avanti da secoli, la città di Partenope e quel vulcano che a seguito dell’eruzione del 79 d.C. ha portato morte e distruzione, ma che allo stesso tempo ha donato a chi vive ai suoi piedi una storia incredibile. Una presenza che incombe, sul paesaggio e sulla città, straordinariamente silenziosa, ma dalla potenza spaventosa.
Proprio alla maestosa montagna è dedicata la mostra Vesuvio quotidiano. Vesuvio universale che dal 6 luglio fino al 29 settembre è visitabile presso la Certosa di San Martino, uno degli esempi meglio riusciti di architettura e arte barocca, fulcro della pittura partenopea del Seicento, nonché uno dei maggiori complessi monumentali religiosi della città.
Vesuvio quotidiano. Vesuvio universale è stata curata da Anna Imponente e, per la parte storica, da Rita Pastorelli, organizzata dal Polo Museale della Campania con SCABEC, Società Campana dei Beni Culturali, e con il sostegno dell’Associazione Amici di Capodimonte e dell’Associazione Metamorfosi. Anna Imponente, direttore del Polo Museale della Campania, riferendosi al Vesuvio racconta: «Nell’immaginario artistico la bellezza conturbante del vulcano è considerata simbolo tragico della catastrofe, montagna di fuoco che distrugge, ma che diventa vitale e rigeneratore». E ancora: «Assieme alle testimonianze delle eruzioni del 1631, del 1754 e del 1872 le opere contemporanee reinterpretano piuttosto un’ansia creativa e rigeneratrice che attraverso il tempo si traduce in prorompente vitalità. Lo sterminator Vesevo leopardiano (La ginestra, 1836) può infondere all’arte un flusso incomparabile di nuova energia, così come succede in natura per la fertilità della terra, alimentate entrambe da una forza cosmica in equilibrio tra distruzione e rigenerazione. Il titolo trae spunto da quello di una mostra di Stefano Di Stasio, Vesuvio quotidiano (San Gemini, 2016) e dal titolo del recente ritratto raccontato nel libro di Maria Pace Ottieri Vesuvio universale. I due termini contrapposti offrono l’idea dalla terribilità di una natura incombente e di una socialità che si sviluppa per esorcizzarne il pericolo».
Prima tappa della mostra è la cartografia cinquecentesca di interesse naturalistico, per poi proseguire con una sezione dedicata ad alcune fasi della “carriera” del vulcano partenopeo. Non mancano le raccolte storiche con opere emblematiche quali L’eruzione del Vesuvio di Domenico Gargiulo, – detto Micco Spadaro – e il tema sacro. Negli anni, il panorama e la vista del Vesuvio sono stati ritratti spesso e in modi differenti. Tra i dipinti più importanti ci sono quelli di Giuseppe de Nittis, Pierre Jacques Volaire, Pietro Fabris, Carlo Bonavia, Paolo de Matteis ma anche Tommaso Luis e Antonio Joli. Un affascinante alternarsi di vedute “pirotecniche” del Vesuvio e di immagini realizzate alla sua ombra.
La mostra, visitabile tutti i giorni (mercoledì è giorno di chiusura) dalle 9:30 alle 17, ha un costo di 6 euro ed è davvero un’occasione unica per ammirare anche la preziosa serie di circa cento gouache, acquerelli e stampe che sono stati consacrati all’immagine del Vesuvio. L’antico sarà poi affiancato da circa cinquanta opere moderne e contemporanee di Alberto Burri, Andy Warhol, Jannis Kounellis, Anselm Kiefer e molti altri. Ma la mostra accoglie anche dall’arte scultorea italiana di Anna Maria Maiolino, Claudio Palmieri e Roberto Sironi e dalla fotografia di Antonio Biasiucci, Giovanni De Angelis, Maurizio Esposito e altri.
Un evento imperdibile reso unico anche dall’apertura al pubblico – proprio in occasione dell’esposizione – dei sotterranei gotici, ventre misterioso della Certosa. Vesuvio quotidiano. Vesuvio universale diventa quindi una bellissima possibilità per scoprire l’arte legata a questo affascinante e temibile vulcano, sempre così presente nella vita della città e dei partenopei.