La cronaca torna a parlare di epidemie. Il 14 agosto l’OMS dichiara nuovamente Mpox emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale. Non utilizzo il termine nuovamente a caso ma, prima di tornarci su, parlandone con un esperto a livello mondiale, vorrei introdurre l’argomento in ambito sanitario. Mpox è una malattia causata dal monkeypox virus, appartenente alla famiglia poxviridae (la stessa famiglia del vaiolo), identificata nel 1970 nell’Africa centrale e occidentale in concomitanza con le fasi finali dell’eradicazione del vaiolo che in inglese si chiama invece smallpox.
Conosciuto nella cultura popolare come “vaiolo delle scimmie”, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel novembre 2022, decide di utilizzare il nome Mpox per cercare di ridurre lo stigma associato alla terminologia precedente. Sappiamo che il virus è diffuso in particolare tra primati e roditori prevalentemente in Africa dove sono, regolarmente, segnalati focolai.
Mpox è una zoonosi virale, ovvero può diffondersi dagli animali all’uomo ma può anche diffondersi tra le persone. Come? Dagli animali all’uomo attraverso morsi o graffi. I liquidi corporei dell’animale (tra cui goccioline respiratorie o salivari) possono entrare in contatto con l’essudato di una ferita. La trasmissione può avvenire anche attraverso il consumo di carne animale infetta. Da persona a persona, invece, avviene attraverso:
- goccioline respiratorie in caso di un prolungato contatto fisico faccia a faccia o intimo;
- contatto diretto con lesioni infettive o altri liquidi corporei;
- fomiti, ovvero attraverso il contatto con indumenti o lenzuola contaminate da croste o liquidi corporei.
Può esservi anche trasmissione materno-fetale attraverso la placenta.
Numerosi esperti si sono già espressi per quanto concerne le specifiche del virus e potete trovare una sezione di FAQ (domande e risposte) molto completa e dettagliata sul sito del Ministero della Salute. Il mio focus vuole essere invece sulla nostra modalità di rispondere agli allarmi.
«Se vogliamo sopravvivere in futuro, dovremo nettamente cambiare il paradigma sul quale basiamo la gestione delle emergenze a livello globale» ci dice il Dott. Ludovic Plee, direttore del Centro gestione emergenze di una delle più importanti organizzazioni delle Nazioni Unite. Ludovic Plee ha lavorato presso il Ministero dell’Agricoltura francese in molte missioni su vari focolai transfrontalieri di malattie animali e ha formato ufficiali veterinari nazionali sulle buone pratiche.
«Non è la prima volta che l’OMS dichiara emergenza. Subito dopo il Covid abbiamo rilevato lo sviluppo della malattia Mpox, tra uomini, su un livello globale» continua Plee. Nel 2022, difatti, si è già verificata una vasta epidemia di Mpox che ha coinvolto una serie di Paesi al di fuori della Regione Africana, in cui non era mai stata documentata la trasmissione di Mpox e in cui il virus si era diffuso con rapidità prevalentemente attraverso il contatto sessuale. Quindi, proprio come sta avvenendo adesso, già nel luglio dello stesso anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato Mpox emergenza di salute pubblica internazionale (PHEIC – Public Emergency of International Concern).
Come possiamo tutelarci dal virus? Ovviamente evitando il contatto stretto con casi sospetti o confermati di Mpox. Esiste anche un vaccino. In Italia è attualmente utilizzato il MVA-BN, indicato per la prevenzione del vaiolo e del Mpox nei soggetti a partire dai 18 anni di età ad alto rischio di infezione.
«La vaccinazione rappresenta la miglior strategia per la prevenzione, specialmente nella popolazione più giovane che non ha avuto vaccinazioni contro il vaiolo» mi conferma Ludovic Plee e gli chiedo se la somministrazione debba essere estesa a tutti. «No. Non siamo ancora a quel livello e la vaccinazione deve riguardare, per il momento, solo la popolazione a rischio». Attualmente, tra le categorie più a rischio rientrano: il personale di laboratorio con possibile esposizione diretta a orthopoxvirus e persone con più partner sessuali, anche occasionali.
Ma che cosa è successo nei giorni scorsi? Mercoledì 14 agosto l’OMS ha dichiarato, per la seconda volta, emergenza sanitaria globale per l’epidemia Mpox. Si tratta di una nuova variante, la clade 1, di cui è stato accertato il primo caso in Svezia. Nessun allarme. «OMS ha dichiarato emergenza anche per sviluppare politiche di aiuto verso i Paesi africani poiché dopo la prima dichiarazione non è riuscita nel suo intento». Ludovic Plee sottolinea la volontà di aiutare gli Stati in cui il sistema sanitario non è abbastanza forte e/o sviluppato per proteggere le persone e controllare la diffusione della malattia.
Questo problema, anche se facciamo parte di un Paese con un servizio sanitario più o meno eccellente, ci deve riguardare? Ovviamente sì. «Aiutare i Paesi con meno capacità sanitaria è importante perché non possiamo aspettare che una malattia si estenda così tanto fino ad avere un impatto globale».
Secondo Ludovic Plee, sul Mpox si sarebbe dovuto iniziare a lavorare molto tempo prima, già nel periodo antecedente alla dichiarazione OMS del 2022. «[…] il virus girava e vi era comunque rischio di provocare un’epidemia. Quindi quello che è successo è che forse abbiamo aspettato un po’ troppo per aiutare questi Paesi su una problematica che aveva la potenzialità di diventare mondiale. Dobbiamo evitare che una problema diventi un’emergenza e prevenire l’emergenza è un atto di sostegno globale».
«La buona gestione dell’emergenza è un bene sociale a prescindere dalla ricchezza del Paese coinvolto». Ludovic Plee mi espone, poi, la sua visione che è, anche, una sfida futura, ovvero quella di abbattere la divisione tra i diversi Ministeri che gestiscono le emergenze in modo autonomo e settoriale. Personalmente, condivido a pieno questa visione e l’allarme, più che per il virus del Mpox in sé e per sé, deve essere centrato sulla necessità di lavorare insieme per far fronte a ciò che verrà. Queste epidemie non saranno certamente le ultime da dover imparare a gestire. Possiamo, quindi, affermare che questa emergenza racchiude tutta l’indifferenza politica verso i Paesi a basso reddito.