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Il terzo (probabile) mandato di De Luca espone il PD al suo scarso consenso

Giusy Santella di Giusy Santella
26 Novembre 2024
in Margini
Tempo di lettura: 4 minuti
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Com’è che si dice? Fatta la legge, trovato l’inganno. Nel caso della Regione Campania, l’inganno è trovato addirittura con un’altra legge. Parliamo dell’approvazione della norma con cui si permette a Vincenzo De Luca di candidarsi a Presidente della Regione per un terzo mandato consecutivo, nonostante la legge italiana fissi il limite a due mandati. In realtà si tratterebbe proprio della legge regionale che dà attuazione a quella nazionale, approvata poche settimane fa in maniera tempestiva con una clausola per cui, a Palazzo Santa Lucia, il divieto si applicherà dal momento dell’approvazione e, dunque, considerando nel computo il solo mandato in corso. Così De Luca non solo si assicura una terza candidatura e probabilissima elezione – dato il largo consenso raccolto in questi anni – ma anche di essere l’ultimo per cui la legge non viene applicata.

L’articolo 2 della Legge 165 del 2004 – di attuazione dell’articolo 122 della Costituzione – stabilisce, infatti, che con legge regionale vengano disciplinati specificamente i casi di ineleggibilità, seppur nella cornice di alcuni principi tra cui leggiamo, alla lettera f), la previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta Regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia. La ratio di tale limite risiederebbe nel mitigare il potere notevole collegato a tale ruolo nell’ambito del proprio livello di governo in presenza di un’elezione diretta.

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Basti pensare che il Presidente, oltre a rappresentare la Regione, si occupa di promulgare leggi ed emanare regolamenti, di nominare e revocare i componenti della Giunta, di dirigere le funzioni amministrative. Questo spiega anche perché lo stesso limite si applica anche ai Sindaci, mentre non si estende a organi non monocratici come consiglieri regionali, comunali, o ai parlamentari europei e nazionali.

Il dibattito si era già acceso all’inizio dell’anno, quando la Lega aveva presentato un emendamento al Decreto legge n. 7 del 29 gennaio 2024, in tema di consultazioni elettorali, proponendo di innalzare da due a tre il limite dei mandati previsto per Sindaci e Governatori, emendamento che però era stato cassato quasi unanimemente dalla Commissione Affari Costituzionali.

Già allora, secondo alcuni Governatori le cui Regioni non avevano recepito la normativa nazionale, il limite previsto dalla Legge 165/2004 non sarebbe stato applicabile in assenza di una normativa regionale. Pertanto, fino all’adozione di quest’ultima, avrebbero continuato ad applicarsi le regole precedenti, che non prescrivevano quindi alcun limite al numero dei mandati. Secondo altri esperti, invece, le norme contenute nella cosiddetta “legge cornice”, dato il loro dettaglio, sarebbero immediatamente e direttamente applicabili.

La riforma del Titolo V, e in particolare dell’articolo 122 della Costituzione in tema di elezione diretta, ha provocato una personalizzazione sempre più forte del ruolo dei Governatori, a discapito di quello del partito. È esattamente quanto accaduto per Vincenzo De Luca, che in particolare a partire dalla pandemia ha acquistato sempre più popolarità per il suo modo di fare sopra le righe, per i suoi toni duri, la sua schiettezza (molte volte priva di contenuti), caratteristiche che allo stesso tempo l’hanno allontanato sempre di più dal PD, che adesso lo rinnega come possibile prossimo candidato.

La Segretaria nazionale Elly Schlein approfitta subito per precisare che il partito, qualsiasi sia la legge regionale approvata, non sosterrà candidati uscenti al terzo mandato. La frattura è abbastanza palese, ma bisognerà aspettare almeno qualche settimana per capire se De Luca avrà un sostegno adeguato per schierarsi anche contro il proprio partito – seppur non ne abbia mai rappresentato una parte integrante – o meno. Ciò che è certo è che il PD ha poche speranze di riaffermarsi in Campania con un candidato diverso, proprio perché nessun altro avrebbe il volto e il personaggio pubblico che De Luca ha costruito in questi anni, ben oltre i limiti istituzionali del suo ruolo.

Chissà cosa ne pensa Gaetano Manfredi, diventato anche Presidente ANCI, che qualcuno sogna come avversario di De Luca, sostenuto da PD e M5S. Suo fratello, consigliere regionale campano, ha votato per il terzo mandato del Governatore e sembrerebbe anche per una legge di cui, tra gli altri, è destinatario il Sindaco napoletano, che, in caso di candidatura alla Regione, sarebbe costretto alle dimissioni tre mesi prima della fine della legislatura.

Intanto, Manfredi dichiara di essere orgoglioso di aver ridato “credibilità e affidabilità a Napoli”. E noi crediamo di esserci persi qualche passaggio, in un momento in cui le sedie istituzionali rimangono vuote di fronte alla commemorazione di tragedie che andrebbero evitate investendo sull’educazione e la prevenzione di tutta la cittadinanza napoletana, anche di quella marginalizzata che sembra proprio non piacere al Sindaco.

Così, la probabile candidatura di De Luca sembra mettere ciascuno al proprio posto, sostenitori e non: il PD di fronte al suo scarso consenso, e alle sue sconfitte; il popolo campano e napoletano di fronte alle ridicole maschere che ha sostenuto finora e che, forse, sosterrà ancora.

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