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“Freud”: una sorprendente serie tv sul padre della psicanalisi

Claudio Gargano di Claudio Gargano
6 Luglio 2021
in Rubriche
Tempo di lettura: 5 minuti
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Da una serie intitolata al padre della psicanalisi ci si aspetterebbe i registri di un classico biopic, magari in cerca di un Premio Emmy. E, invece, Freud, nuova serie Netflix presentata all’ultimo Festival di Berlino – di produzione austriaca, creata da Marvin Kren, Benjamin Hessler e Stefan Brunner –, sorprende gli spettatori calando un giovane Sigmund Freud in un thriller investigativo dai risvolti esoterici, virato decisamente in tonalità dark. Ovviamente, la vicenda è inventata ed è ambientata nel 1896, nella Vienna dell’imperatore asburgico Franz Joseph, periodo nel quale lo scopritore dell’inconscio non era ancora famoso e se la vedeva anche male economicamente, mentre lavorava come medico in un istituto di igiene mentale diretto dal Professor Theodor Meynert. Le sue teorie rivoluzionarie sulla psiche, influenzate da Jean-Martin Charcot, con il quale aveva lavorato a Parigi, erano malviste dai colleghi e la sua posizione sociale piuttosto precaria.

Suo malgrado, o forse no, il giovane Siggy – interpretato dal bravo e affascinante Robert Finster –, si lascerà coinvolgere dal burbero ispettore Kiss, uomo apparentemente forte ma preda di una sindrome post-traumatica dovuta alla guerra, in un’indagine su alcuni rapimenti e omicidi molto efferati. È qui che già colpisce un elemento caratterizzante della serie: la Vienna di Freud è una città che vive delle ombre espressioniste del cinema tedesco che sarebbe venuto di lì a qualche decennio e che, secondo la teoria di Siegfried Kracauer, avrebbe anticipato profeticamente il nazismo. Gli scorci notturni sono molto suggestivi e richiamano in qualche modo anche la nebbiosa Londra vittoriana in cui agiva Jack lo squartatore proprio negli stessi anni, 1888 per la precisione. Non a caso, il primo omicidio, quello di una prostituta, richiama proprio il modus operandi di Jack. Poi la catena di delitti cambia per portarci in un’intricata trama in cui diventa chiaro che non si tratta di una sola persona a commetterli.

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La dipendenza del giovane Freud dalla cocaina – di cui teorizzò gli usi terapeutici per poi rendersi conto della sua pericolosità – richiama non poco la stessa passione che Sherlock Holmes – delle cui storie Sigmund pare fosse molto appassionato – nutriva per quella sostanza. Si veda per esempio il romanzo di Arthur Conan Doyle Soluzione sette per cento, nel quale la parola soluzione non si riferisce soltanto alla risoluzione di un delitto, bensì al significato chimico del termino. Non è un caso il coinvolgimento del creatore di Holmes, visto che era nota la sua passione per un argomento che costituisce l’altro perno narrativo della serie e che, all’epoca, cominciava a essere in voga nell’alta società: lo spiritismo.

A partire dal caso delle sorelle Fox negli Stati Uniti, ma anche quello della napoletana Eusapia Palladino, la predilezione per sedute spiritiche, comunicazioni con i defunti e affini era diventato un hobby, a volte ossessivo, per molti. Tale aspetto è psicologicamente rilevante per capire le istanze che ribollivano nell’inconscio collettivo dell’epoca, oppressi come si era da regole sociali molto vincolanti che reprimevano gli istinti più naturali e da una visione positivistica della scienza che negava qualunque realtà dell’anima. Tutto ciò viene sintetizzato e veicolato dal personaggio di Fleur Salomé – nome altamente simbolico –, giovane rampolla ungherese dedita a sedute spiritiche e a vaticini per nobili e uomini di potere di cui il giovane psicanalista si innamorerà perdutamente.

Altro tema, strettamente connesso a quello spiritico, è l’ipnotismo, di cui si sa che Freud fece largo uso all’inizio della propria carriera per poi abbandonarlo a causa della sua fallibilità. Il medico utilizzava tale pratica per scandagliare i traumi rimossi nella psiche dei pazienti. Nel mondo romanzato della serie prende piede anche l’altro versante dell’ipnosi, quello più controverso ma anche più affascinante – almeno per fini narrativi – e cioè il suo utilizzo per manipolare la volontà altrui, sfruttando la suggestione post-ipnotica in modo tale da far commettere le azioni più disparate. Le esperienze maturate nel campo saranno inoltre di ispirazione a Sigmund per elaborare importanti teorie sulla manipolazione delle masse. L’ipnosi giocherà dunque un ruolo cruciale in Freud, sia come strumento di coercizione, sia per scoprire verità sui delitti, oppure come metodo per scavare dentro di sé.

C’è, infine, un risvolto più genuinamente esoterico che si basa su ricerche antropologiche riguardo una figura oscura del folklore ungherese e sul potere del simbolo in quanto ponte tra la dimensione conscia e inconscia dell’esistenza, sia individuale che collettiva. Di più non possiamo rivelare. Ecco che la pratica dell’ipnosi si fonde, allora, con arti occulte e sarà difficile, sia per lo spettatore che per Freud, distinguere tra una banale – si fa per dire – scissione di personalità e una condizione di sottomissione a influssi ben più ultraterreni.

Proprio qui sta il fascino ambiguo della serie che gioca con lo spettatore come un gatto con il topo, depistandolo, oppure sorprendendolo anche con scene decisamente forti, dalle atmosfere nettamente orrorifiche. La resa visiva è notevole, riuscendo infatti a mescolare una cura estrema per la fotografia capace di dipingere efficacemente una Vienna oscura ed espressionista con un utilizzo della macchina a mano che è invece molto moderno. Vi sono, poi, scene dal forte impatto allucinogeno nelle quali i personaggi sprofondano tra i fantasmi della propria psiche, giustificate sia dagli stati di coscienza alterati dall’ipnosi sia dal tema dell’analisi interiore che informa e modella in modo efficace tutta la serie, in un proficuo scambio tra forma e sostanza.

Non manca inoltre un risvolto politico con un complotto ai danni dell’establishment monarchico dell’epoca che vedrà coinvolta un’ambigua coppia di nobili ungheresi decaduti in cerca di rivalsa dopo l’annessione austriaca della loro patria. Gli intrighi di questi personaggi sono strettamente connessi al resto della trama in un contesto che potrebbe ricordare in parte le atmosfere paranoiche dell’avvincente romanzo Il cimitero di Praga di Umberto Eco. Tra l’altro, le riprese della serie si sono svolte per lo più proprio a Praga, capitale che, a differenza della Vienna attuale, offre ancora scorci visivi da città mitteleuropea.

I personaggi sono ben delineati, in particolare l’ispettore Kiss – interpretato dal granitico Georg Friedrich – che rivelerà una back-story davvero traumatica e il cui carattere indomito ma impulsivo lo caccerà spesso nei guai. La figura di Fleur, dal passato travagliato anche lei e interpretata dalla conturbante Ella Rumpf, richiama in particolar modo la Eva Green di Penny Dreadful, bellissima serie gotica che era appunto ambientata nelle Londra vittoriana in cui la famosa attrice e modella francese interpretava il ruolo di una medium sull’orlo della follia e della possessione.

Ogni episodio è intitolato a un tema dell’immane ricerca freudiana sulla psiche e infatti abbiamo: Isteria, Trauma, Sonnambulismo, Totem e tabù, Desiderio, Regressione, Catarsi e Rimozione. Ognuno di questi declina rispettivamente ciascuno degli argomenti all’interno della propria trama, avviluppando lo spettatore in una rete di suggestioni davvero – mi si passi il gioco di parole – ipnotizzanti. E infatti non è un caso che gli eventi nei quali il giovane Freud resta coinvolto ispireranno felicemente le sue teorie che, a loro volta, rivoluzioneranno il nostro modo di guardare l’essere umano e i suoi comportamenti.

La serie riesce a rendere conto di quel particolare passaggio psicologico collettivo che porterà pian piano, proprio grazie anche alla psicanalisi, a una liberazione della psiche e della sfera istintuale dalle restrizioni sociali e culturali dell’epoca. Tale transizione psichica, culturale e antropologica viene ben sintetizzata dal quadro di Klimt Il bacio (1907), che tra l’altro campeggia sulla copertina del bel libro di Eric Kandel L’età dell’inconscio – Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni, di cui consigliamo vivamente la lettura.

Suggeriamo dunque la serie a tutti gli appassionati del genere crime-thriller dai risvolti dark, ma anche ai curiosi che vogliano approfondire la figura di Freud, stimolati magari dai suggestivi input, così ben dosati all’interno degli episodi. Astenersi pubblico generalista in cerca di un edificante biopic oleografico e innocuo.

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Claudio Gargano

Claudio Gargano

Regista, autore e montatore cinematografico, Claudio Gargano nel corso della sua attività, ha alternato lavori di regia e montaggio, riprese, scrittura, spaziando in vari campi dell’audiovisivo. Ha scritto, diretto e montato cortometraggi auto-prodotti, selezionati e proiettati in numerosi festival e sulle emittenti televisive nazionali La 7 e Coming Soon, nonché un docu-film sulla Napoli esoterica, ancora in post-produzione. Ha ideato e realizzato lavori di video-arte tra cui la Video-installazione “Le 14 stazioni di Cristo” proiettato su 14 schermi nel colonnato di Piazza del Plebiscito a Napoli nel periodo della Pasqua 2016. Scrive recensioni cinematografiche, racconti e sceneggiature. Ha pubblicato sul periodico bimestrale a tiratura nazionale “Tutto digitale” (n. 67 Aprile 2011 e n. 68 Giugno 2011) gli articoli “Diario di un backstage” parte 1 e 2 sull’esperienza da regista di Backstage sui set cinematografici e il saggio “Jung, i Police, I-ching e QUANT’altro” sul concetto della sincronicità junghiana applicata nel cinema, nella musica e in letteratura, nel volume collettivo “Delle coincidenze” edito da “Ad est dell’Equatore” nel 2012. Ha realizzato Backstage cinematografici su set di film prodotti da RAI Cinema come “Tris di donne & abiti nuziali” con Sergio Castellitto, ha curato il backstage ufficiale del “Napoli Film Festival” (Edizioni 2009/10/11) dove ha potuto intervistare numerosi personaggi della cinematografia mondiale (Ennio Morricone, Jonathan Demme, Paolo Sorrentino, Matt Dillon). E’ stato operatore video per il casting della prima serie di Gomorra, sotto la direzione di Stefano Sollima e Laura Muccino. Nella sua attività realizza video aziendali, spot, documentari, trailer promozionali, video-montaggi a tema e altro ancora.

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