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Edgar Degas e l’innato bisogno di ordine formale

Francesca Testa di Francesca Testa
6 Febbraio 2018
in Lapis
Tempo di lettura: 3 minuti
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L’opera di Edgar Degas, nato a Parigi nel 1834, fu caratterizzata da un innato bisogno di ordine formale e alimentata dallo studio costante degli antichi maestri italiani. La sua arte lo distinse fin dai tempi dell’Impressionismo, separandolo dalla visione cromaticamente più libera degli esponenti puri di tale corrente pittorica.

Nonostante il suo legame con i compagni, Degas creò opere come L’assenzio, del 1876 circa, che sostanzialmente non coincise con la poetica impressionistica per il diverso rapporto fisico con la realtà, che in questo caso non venne afferrata a colpo d’occhio, ma assimilata con un’osservazione intensa, perdurante, che si rispecchiò anche nella profonda ricerca del taglio e della penetrante messa a fuoco psicologica e d’ambiente.

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Il suo punto di vista fu analogo, non scontato, nei celebri quadri ispirati alla vita del teatro, e in particolare al lavoro delle danzatrici, visto, anzi, spiato dalla platea o da dietro le quinte con occhio di lucido spettatore e con un accento più profondo posto sulle figure isolate che riflesse la forza introspettiva del pittore. Il suo genio fu quello di racchiudere la figura in una forma trepida e allo stesso tempo studiosamente composta.

Figlio di un banchiere, il quale sperava di avviarlo alla carriera di magistrato, nonostante gli studi di giurisprudenza, Degas manifestò subito una grande e sincera vocazione per l’arte. L’iniziale rifiuto del padre fu ben presto sostituito da una ferma approvazione ed Edgar, dopo aver ricevuto lezioni da diversi esperti, nel 1855 riuscì a entrare all’École des Beaux-Arts.

Il giovane iniziò a trascorrere i suoi pomeriggi al Louvre, ammirando e approfondendo i maestri del Rinascimento italiano e soprattutto Luca Signorelli, Botticelli e Raffaello che studiò anche in Italia dove si trasferì dal 1856 al 1859. Il suo grand tour iniziò a Napoli, dove fu ospite del nonno René Hilaire. Fu proprio nella città partenopea che l’artista ebbe modo di perfezionarsi nella pittura. Qui, infatti, frequentò l’Accademia Reale di Belle Arti, visitò e rimase profondamente colpito dalle opere del Museo Archeologico Nazionale e dai dipinti esposti a Capodimonte. Ma non si fermò soltanto a Napoli. Si recò, infatti, a Roma, Perugia, Assisi e Firenze dove continuò a dedicarsi all’incredibile patrimonio storico artistico del Bel Paese fino al 1859, anno in cui, costretto dal padre, ritornò a Parigi.

L’incontro con Manet, nel 1862, fece sì che Degas entrasse nella cerchia dei giovani impressionisti che seguivano Claude Monet, sviluppando un forte interesse verso i soggetti contemporanei, tra cui scene di teatro, di balletto, interni di caffè e tanto altro. Tuttavia, un tema a lui molto caro fu quello dei fantini e, soprattutto, lo studio del movimento dei cavalli da corsa. Allo stesso tempo, grande attenzione fu dedicata alle fisionomie assunte dalle giovani danzatrici.

Dal 1883, anno della morte dell’amico Manet, Degas si avvicinò anche alla scultura, creando opere in cera e creta, ma dedicandosi sempre ai soggetti da lui prediletti. Visse e lavorò, praticamente per tutta la vita, a Parigi, dove conquistò il rispetto di molti noti artisti, tra cui Renoir e Pissarro, divenendo, dopo la sua morte – il 27 settembre 1917 –, quasi un monumento nazionale, nonché uno dei più grandi artisti del XIX secolo.

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