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Casapound Italia: la pericolosa inutilità di uno sgombero

Giusy Santella di Giusy Santella
12 Giugno 2020
in Attualità
Tempo di lettura: 4 minuti
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Ci sono valori sui quali tutti dovremmo concordare e che tutti dovremmo impegnarci a difendere perché posti alla base del nostro ordinamento come principi inviolabili dall’Assemblea Costituente. Tra questi, la previsione che sancisce l’impossibilità di riorganizzare, sotto qualsiasi forma, il vecchio partito fascista, collocata nelle disposizioni transitorie e finali della Costituzione, norme di carattere eccezionale necessarie per il passaggio dal vecchio ordinamento a quello costituzionale e che non sarebbero state più applicate una volta esaurita la loro funzione.

Tuttavia, questa disposizione, la XII, rimane profondamente attuale ed è tornata al centro del dibattito sui neofascismi pochi giorni fa, quando 16 esponenti di Casapound Italia, i cosiddetti fascisti del terzo millennio, sono stati raggiunti dalla notizia di un ordine di sgombero riguardante la sede storica dell’organizzazione, occupata da circa 17 anni. Per lo stabile che si trova nel quartiere Esquilino è stato poi disposto il sequestro preventivo poiché l’impianto accusatorio non riguarda la sola occupazione abusiva, ma anche l’associazione a delinquere finalizzata all’istigazione razziale. L’inchiesta è partita da una denuncia dell’ANPI avente a oggetto la ricostituzione del partito fascista, l’apologia del fascismo e l’uso della violenza nella lotta politica, oltre che dall’Agenzia del Demanio per danno erariale, dovuto all’indisponibilità del bene immobile in questi anni e alla conseguente mancata riscossione dei canoni per i quali la Corte dei Conti ha chiesto un ingente risarcimento.

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Ora tocca ai compagni: questo è solo uno dei tanti titoloni per dare la notizia e denunciare la discriminazione subita dai poveri militanti di Casapound, a dispetto degli innumerevoli centri sociali che non subiscono la stessa decisione. A voler essere precisi, nella maggior parte dei casi gli sgomberi riguardano famiglie realmente in emergenza abitativa che rivendicano quotidianamente il loro diritto all’abitare mai salvaguardato. Tutti, nelle affermazioni fatte in questi giorni, si soffermano quindi sull’occupazione abusiva dell’immobile, come a non voler vedere i veri motivi per cui l’esistenza dell’organizzazione nel suo complesso dovrebbe essere messa in discussione. L’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’istigazione razziale non può sicuramente essere estesa agli spazi sociali che operano con pratiche di mutualismo sul territorio cui i sostenitori dei nuovi fascisti si riferiscono, eppure questi ultimi continuano a godere di un’ampia protezione, a partire da quella del Prefetto di Roma Gerarda Pantalone – a suo tempo eletta da Salvini – che obietta alla Sindaca Virginia Raggi che prima di loro ci sarebbero almeno altri 30 sgomberi da effettuare. Al di là delle ragioni per cui proprio i militanti di Casapound siano collocati in 31esima posizione, la Prima Cittadina pentastellata, pur riconoscendo l’importanza del momento storico, precisa timidamente che non si tratta di una scelta di colore politico, tirando nuovamente in ballo la famosissima lista di sgomberi cui la città di Roma ha intenzione di procedere e che sembra essere in giro da un bel po’ di anni. Dunque uno sgombero come un altro. La liberazione di un immobile abusivamente occupato da persone qualsiasi. La riappropriazione di uno stabile da parte dei suoi legittimi proprietari. Null’altro.

E noi che ci eravamo illusi che potesse trattarsi di una presa di posizione riguardante un’organizzazione la cui natura violenta e antidemocratica si manifesta sotto gli occhi indifferenti dei più da oramai troppi anni. Tuttavia, la mancanza della volontà politica di affermare non solo l’illegalità dell’organizzazione ma di qualsiasi apologia del fascismo è chiara da tempo. La Legge Scelba, promulgata nel 1952 in attuazione della disposizione XII, non considerava reato la sola riorganizzazione del partito fascista ma anche l’esaltazione dei suoi metodi e dei suoi obiettivi antidemocratici. Tuttavia, la nozione di apologia del fascismo è stata a mano a mano sempre più ridimensionata fino a comprendere esclusivamente le esaltazioni finalizzate alla ricostituzione del vecchio partito fascista, anche nel caso in cui l’organizzazione si definisca neofascista essa stessa.

Nonostante gli stessi principi siano stati affermati nuovamente nel 1993 nella Legge Mancino – per cui non a caso la Lega ha più volte proposto un referendum abrogativo – la sua applicazione è stata sempre molto ristretta e l’opinione pubblica si è sempre levata in difesa della libertà di espressione, dimenticandosi però che in questo caso non si tratta di manifestare un’opinione. Così quando il deputato del PD Fiano nel 2017 tentò di far approvare una legge che riducesse la possibilità di fare propaganda al fascismo in tutti i modi, anche attraverso la riproduzione di simboli o bandiere – ancora tristemente presenti in alcune manifestazioni e su alcuni monumenti – fu osteggiato in tutti i modi e la legge non passò mai al Senato.

Poco più di un anno fa, anche la Procura di Bari dispose il sequestro della sede di CPI del capoluogo pugliese con l’accusa di riorganizzazione del partito fascista, oltre che base operativa per raid squadristi. Tuttavia, non bisogna cantare vittoria troppo presto: nonostante la sede romana sia un simbolo – in quanto sede storica di CPI – lo sgombero rischia di essere totalmente inutile se non accompagnato dalla precisa volontà di sciogliere l’organizzazione stessa poiché antidemocratica. E non si tratta di pluralismo, bensì di sposare e portare avanti valori che una società realmente democratica dovrebbe aver abbandonato da tempo, complice la storia che dovrebbe averle insegnato qualcosa.

Sgomberare un edificio perché occupato abusivamente come se si trattasse di occupanti qualsiasi rischia di legittimare agli occhi dell’opinione pubblica la loro esistenza da parte dello Stato, che a quanto pare non ha il coraggio di affermare forte e chiaro che il fascismo è illegale, in ogni sua forma e manifestazione. Ancorandosi alla definizione formale di vecchio partito fascista, si giustificano infatti tutti quei comportamenti antidemocratici, razzisti e violenti che del fascismo hanno tutti gli aspetti pur provenendo da partiti con un diverso nome o diversi rappresentanti. Dare piena legittimità ai veri valori democratici e costituzionali significa smascherare la natura criminale di chi non ha alcun rispetto di ferite che ancora bruciano – o dovrebbero bruciare – sulla pelle di tutti gli italiani.

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