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“Basta lacrime” di Alessandra Bocchetti: storia politica di una femminista

Floriana Coppola di Floriana Coppola
18 Luglio 2023
in Billy
Tempo di lettura: 5 minuti
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Ascoltare Alessandra Bocchetti all’ultimo convegno di Feminism tenuto a Roma nel marzo 2023, alla Casa Internazionale delle Donne, è stata un’esperienza eccezionale. La sua sapienza meditata e accorata e la sua costante caparbietà offrono uno sguardo acuto e preciso sulla società contemporanea  per  dare voce alla “civiltà del due”, la civiltà delle donne.

La sua scrittura potente e dettagliata registra la vita delle donne, riportando le storie reali che denunciano le difficoltà concrete che esse incontrano nel quotidiano e i minuscoli incessanti atti di libertà. Questo libro, Basta lacrime. Storia politica di una femminista –1995/2020 (VandA Edizioni), vuole essere un punto di ripartenza, una vera proposta politica alla ricerca di luoghi dove testimoniare la pratica femminista fuori dal patriarcato imperante.

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La narrazione parte dallo sforzo, nel 1995, in cui le femministe avevano sperimentato, in uno studio aperto attraverso i gruppi di autocoscienza, le relazioni tra donne e avevano acquisito finalmente la percezione di una forza effettiva che legava prassi e teoria femminista. Parole come desiderio, liberazione, rappresentanza, differenza, estraneità furono vissute e narrate. Il movimento provò a entrare nel Palazzo, dopo aver vissuto la Piazza. Obiettivo ancora inossidabile: portare la forza delle donne dentro le istituzioni per governare i beni comuni in due. Cercare di portare la pratica femminista della differenza all’interno della politica fatta dagli uomini. Missione difficilissima ancora oggi.

Di fronte alle difficoltà e al fallimento di questa reale integrazione, Alessandra Bocchetti ha vissuto da sempre con massima consapevolezza e come sua missione convincere le donne della loro forza, contro il femminismo di Stato che vuole presentare agli occhi della società solo il suo progetto basato sulla debolezza femminile: «Siamo state capaci di reggere un’umiliazione terribile, una mortificazione storica incredibile: non avere diritti e non avere voce per secoli. E abbiamo resistito all’offesa più grande che un uomo non avrebbe retto nemmeno per cinque minuti: privare la propria parola del valore di verità». Le donne hanno retto perché sono forti, resistenti. Non sono affatto deboli. Noi donne, dice Alessandra, siamo capaci di ricominciare ogni volta di nuovo.

Le donne hanno visto l’umanità da vicino. La nostra schiavitù vecchia di secoli ci ha dato uno spazio interno di vicinanza ai corpi dei piccoli e degli anziani, di profonda conoscenza dell’umano, della vita e della morte. Gli uomini non hanno vissuto questa conoscenza dell’umano. Noi stiamo imparando a essere libere e ad accettare la nostra forza, la nostra potenza di determinazione. Il femminismo combatte per far nascere ogni donna, partorire se stessa in quanto soggetto attivo e pensante, autodeterminato e indipendente. Non è contro gli uomini ma contro questo progetto che vuole le donne deboli, ripiegate tristemente su un interno.

Le associazioni e le riviste, i comitati e le letture di gruppo, gli incontri di quartiere e nei centri sociali, le reti di donne rappresentano oggi i luoghi reali di un movimento assolutamente vitale, anche se la rappresentazione della politica “visibile” vuole determinare una cancellazione storica della differenza. Non bisogna confondere la soggettività femminile e femminista con la rappresentanza politica che spinge verso una neutralità che colonizza le differenze.

Alessandra Bocchetti riprende le fila del suo cammino femminista ripercorrendo attraverso i suoi articoli i principali momenti della sua storia divisa per annali. Risposte e proposte evidenti nel testo ci interrogano in profondità sulla storia politica delle donne e del loro protagonismo nella vita italiana. Domande importanti invece sono implicite nella sua narrazione. Una narrazione politica e filosofica che parte dall’istanza pratica del desiderio di un reale cambiamento.

Il pensiero della differenza rende contaminate le discipline e i saperi e cerca comportamenti concreti, visibili e misurabili. È innegabile che l’universo massmediale riporta continuamente la donna “vittima” e non ne sottolinea la forza se non per alcune storie individuali di potenza economica neoliberista. Alessandra Bocchetti nella lettera che ha dedicato a Virginia Woolf ricorda la passione e l’amore per un sapere che riguarda tutte le donne da vicino, intellettuali, giornaliste, accademiche, studentesse, casalinghe e donne comuni. Il femminismo che racconta viene considerato uno, radicale e diretto.

Chi scrive è nata donna e, a chiudere ogni possibilità di fuga, è diventata madre abbastanza giovane, ne ha capito il privilegio. Poi ha incontrato la storia delle sue simili e se ne è innamorata, vanto di non aver deciso guerre, stermini, persecuzioni. Ha cercato di cambiare il mondo a cominciare da ciò che la circondava senza aspettare tempi migliori e proprio in questo pensa consista la sua libertà. Allontanare le donne dallo sfruttamento, dalla negazione, dal dolore e dai falsi amici, scoprirne la forza e la capacità di amare è stato l’impegno più grande della sua vita. Questi scritti sparsi restano per testimoniare la coscienza che bisogna essere instancabili per un compito tanto felice.

Basta lacrime è un invito alle donne a uscire dalla trappola del vittimismo e a prendere finalmente coscienza della loro forza grande, inedita alla storia e troppo a lungo inespressa. Le donne hanno la potenza ma non il potere. Che fare a fronte di rapporti umani, società, politica, pianeta che hanno urgente bisogno di un cambiamento? Di questo cambiamento le donne potrebbero essere il soggetto più umano.

Il libro raccoglie lettere, articoli, interventi, saggi dal 1995 al 2000 dove il femminismo della differenza si mostra come filosofia, visione del mondo, politica, pratica quotidiana e stile di vita. Afferma Bocchetti che dobbiamo riproporre la Società delle Estranee, atto necessario per superare questo momento di impasse per passare dalla civiltà dell’uno alla civiltà del due, prendendo in mano le redini del governo dal basso, rendendo fattibili progetti di mutuo soccorso a favore della corresponsabilità che deve esistere tra uomini e donne. L’unica proposta possibile che Bocchetti annuncia, dopo aver constatato il fallimento di una strategia di governo di uomini e donne, è costruire nuovamente tale società.

La pratica del femminismo della differenza non deve bloccarsi in una posizione vittimista, ma deve avere la forza di creare relazioni politiche significative, incarnate nell’economia e nella finanza. Oltre le disuguaglianze effettive tra le classi borghesi e proletarie, oltre il divario oggettivo dei salari, oltre le iniziative pauperistiche, oltre i progetti di  autofinanziamento, bisogna proporre progetti e attuarli autonomamente senza aiuti pubblici. Bisogna far rumore, far vibrare le mura delle città, restituendo e riconoscendo la qualità di ognuna di noi, senza competizioni né inutili inimicizie.

La dimensione del lavoro e dell’autodeterminazione professionale delle donne ci fa conoscere a fondo le nostre potenzialità e le caratteristiche del mondo in cui siamo immerse. Produrre qualcosa da cui poi sono sradicate. Il lavoro come creazione è energia significativa che ci radica nel mondo reale. Il supplemento di energia muto inespresso delle donne nella necessità familiare domestica e che rende dipendenti anche psicologicamente dagli uomini oltre la sudditanza economica.

L’autonomia economica e professionale delle donne è segno evolutivo contro ogni forma di dipendenza e di asservimento e alienazione. La falsa narrazione in cui siamo immersi non riconosce la fatica delle donne oggi a sopravvivere. La vita maschile, essendo più facile, diventa seduttiva, ha un polo di attrazione maggiore e spesso le giovani aderiscono ai modelli maschili perché sembrano erroneamente una via più veloce all’emancipazione e quindi alla libertà.

Bisogna superare questi inganni, questi dualismi che separano la vita, producendo copioni gerarchizzati e divisivi. Non bisogna solo avere spazi comuni ma bisogna avere un “sentire comune”. Ogni soggettività è calata in un immaginario ben preciso e l’immagine della donna è ancora così disastrosa perché non aiuta a vivere una fertile corresponsabilità politica, a una compresenza radicale e vigile che non cancella le differenze ma le mette in ascolto, oltre la gabbia patriarcale delle fratrie che oggi naviga in modo sotterraneo. Rimangono ancora da superare tanti archetipi strutturali che condizionano in modo perverso i corpi e le menti.

Contributo a cura di Floriana Coppola

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