Qualche tempo fa, parlando con un amico sui libri che avrebbero avuto maggior successo come oggetti di rimorchio in spiaggia, è saltata fuori un’idea: perché non assecondare la divisione della città in quartieri, ognuno con la sua personalità, e abbinarvi una casa editrice? Una sorta di gioco un po’ irriverente che prende le caratteristiche di quartieri, rioni, zone famose di Napoli e le sottolinea accostandoci una realtà editoriale italiana quanto più possibile affine.
Chi conosce Napoli sa che il quartiere Posillipo è estremamente diverso da Poggioreale, così come il centro storico è diverso da Bagnoli. Allo stesso modo, ogni casa editrice ha peculiarità, generi, lettori, missioni tutti suoi. Ecco allora una divertente mappa, non esaustiva, di quella che è Parthenope vista come una scacchiera letteraria, insieme a qualche consiglio di lettura per calarsi nell’atmosfera dei luoghi scelti. Più o meno da ovest a est.
Bagnoli: di questo quartiere si è detto tutto e niente, soprattutto quando si parla dell’ex Italsider. Eppure è molto di più: il cratere degli Astroni, il Museo del Mare, il Museo Archeologico Etrusco De Feis, l’ei fu Città della Scienza, Nisida, il pontile Nord, la grotta di Seiano e il Parco del Pausilypon a ridosso di Posillipo (da notare l’assonanza dei nomi). Spostandosi di poco, si entra nel territorio di Pozzuoli, la meravigliosa Piscina Mirabilis e la città sommersa di Baia. Per non parlare dei suoi laghi retrodunali – il Fusaro, il D’Averno (lì dove Dante pensava ci fosse l’ingresso all’inferno), il Lucrino – il Parco Archeologico di Cuma, il castello di Baia. Gli antichi romani lo sapevano: questo era un luogo benedetto dagli dei. Non si fa fatica a essere d’accordo con loro quando dal Pontile Nord si ammirano Monte di Procida e le isole. Io sono molto legata a questo quartiere. Ha un potenziale inespresso colossale. Come Quodlibet, che viene erroneamente vista come una casa editrice “di nicchia” o solo per specialisti.
TIP: lasciate perdere per un attimo la narrazione romantico-cringe di Mare fuori e provate a leggere L’uomo senza contenuto di Giorgio Agamben, ovviamente edito da Quodlibet.
Posillipo: che dire amici, ci spostiamo nella zona luxury della città. La fetta di torta sorrentiniana per eccellenza. Palazzi nobili a picco sul mare, discese private, il parco della Gaiola, Liberato che canta Gaiola portafortuna, però solo se riuscite a prenotarvi perché sennò lì al mare non ci potete andare. Il mare negato, grande spina nel fianco della città. Se Roberto Calasso fosse stato di Napoli, senz’altro avrebbe avuto un avamposto a Posillipo: vagamente snob, iper selettivo, ricco, acculturato. Con questo non voglio dire che tutti i posillipini siano ricchi e acculturati, ma la tendenza è credere che in questo angolo di mondo la vita sia un poco più facile. Adelphi senz’altro te lo fa credere: i suoi titoli sono (almeno per ora, fin quando Feltrinelli non comincerà a inserire influencer nel catalogo) qualità a occhi chiusi, quando scendi a Marechiaro con un testo elegante come un Adelphi stai sicuro che attirerai le attenzioni di qualcuno.
TIP: per sentirsi un po’ antropologi alla Parthenope Di Sangro, Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese, edito Adelphi, e parodia di quello che sappiamo tutti, cioè che a Posillipo il mare è una fortuna per pochi.
Chiaia/San Ferdinando: qui rotoliamo verso il basso e finiamo a Mergellina e Santa Lucia. Pensando a questi quartieri mi è venuta in mente la vecchia pratica sociale ormai (purtroppo) desueta della posteggia: file e file di auto che si incolonnavano su via Caracciolo e, a causa del traffico, erano costrette ad attendere. Che fare per ammazzare il tempo? Rimorchiare la gente delle auto vicine. Musica a tutto volume, outfit pensati ad hoc per apparire bellissimi anche al volante e catturare l’occhio con effetto immediato per poi lanciare commenti come “Uè, bambola! Che dici se ti vado a pigliare l’uovo sotto al castello e ce facimme ’na fritattina sulo io e te?”. Però la vista di Castel dell’Ovo di notte resta suggestiva. Un appunto: piantatela di andare a fare quelle foto a Mappatella beach, ve prego. Lasciateli in pace, il Signor Tutto Passa vuole solo farsi un bagno. Feltrinelli, che trova a Chiaia una sua sede storica, ammicca sia alla zona più cool – San Pasquale, ad esempio – sia a quella più popolare come il lungomare di Mergellina.
TIP: consiglio La scuola della carne di Yukio Mishima. Romanzo che parla di una donna godereccia e agiata e del suo incontro fatale (la posteggia giapponese) con un ragazzo più giovane (il chiattillo o il cuozzo napoletano). Ovviamente edito Feltrinelli.
Arenella/Materdei: Arenella, Avvocata, Materdei sono i quartieri geograficamente centrali della città, il cuore se vogliamo, né troppo in alto come il Vomero, né troppo in basso come il centro storico e la zona di Chiaia. Democratici, abbastanza economici, frequentati da tutti, belli e brutti, ricchi e poveri, turisti e locals. Sono territori di congiunzione tra “i friarielli” (i vomeresi) e la gente “diggiù” ovvero la Napoli bassa, quindi potrebbero piacere sempre e comunque, come Mondadori. In bilico tra I Meridiani e i testi delle influencer come Giulia De Lellis e Fabio Volo, Arenella e Materdei vi fanno sentire sempre giusti, che siate acculturati e abbienti come Drammi borghesi di Ibsen, o a caccia di gossip e storielle autobiografiche che ti consigliano come vestirti per andare da Salumeria Malinconico a farti una marenna cicoli e ricotta come Perfetta come sei di Rebecca Parziale.
TIP: vi ho già dato due consigli di lettura sopra ma, visto che amo definirmi una persona generosa, ve ne do un altro migliore. Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino collana Oscar Moderni. Italo piace a tutti, dai.
Vomero: ed eccoci con i piccoli borghesi della città, la Napoli bene. I “friarielli” come ho detto poc’anzi, parodiando il nomignolo che gli abitanti degli altri quartieri danno ai vomeresi. Qui, per secoli, mentre la Napoli bassa si sviluppava in modo tentacolare, non si è vista l’ombra di un palazzo elegante né di vie dello shopping, ma solo una grandissima distesa collinare coltivata (qualcuno dice, appunto, esclusivamente di friarielli). Solo dopo il 1817, quando il Vomero fu promosso a rango di residenza nobiliare e regale (Ferdinando I di Borbone prese possesso di Villa Floridiana) cominciò a trasformarsi in una zona vip, privilegiata. Oggi dire di essere del Vomero equivale a dire compro Intermezzo di Sally Rooney in pre-order. I Supercoralli: la collana ambita da chiunque abbia una qualsiasi aspirazione a diventare autore o autrice. Si può dire che gli Einaudi, così riconoscibili con le loro copertine bianco latte, siano tra i testi più costosi dell’editoria mainstream italiana. Con meno di 20 euro non ve la cavate, amici, così come non ve la cavate per fare un aperitivo fetoso a Piazza Vanvitelli. Però per un giretto a Castel Sant’Elmo bastano e avanzano.
TIP: visto che Intermezzo costa 22 euro, vi consiglio qualcosa di più economico ma ugualmente cool (Intermezzo da leggere alla vomerese, con la v al posto della r). Acqua dal sole di Bret Easton Ellis: la versione più cheap di Le schegge, per cui dovreste sborsare ben 23 euro.
Sanità (Rione Stella): uno dei miei posti preferiti di Napoli, per la sua storia meravigliosa e la sua atmosfera (prima che venga rovinata dall’overtourism, ci siamo quasi, manca poco). Sanità è così bella che sta facendo la fine dei poveri Quartieri Spagnoli e tutto questo è molto triste. Quando ero una studentessa di lingue – parliamo praticamente di vent’anni fa – qui non ci si poteva mettere piede. Né qui né a Forcella né ai Quartieri. Non dico “peccato” perché io ci andavo lo stesso, a mio rischio e pericolo. Ora il Rione Stella è l’outsider di Napoli, il place-to-be. Fa folklore, fa Instagram. Nascono B&B come funghi porcini. Eppure a me piace sempre e ci vado ogni volta che posso. Neri Pozza è una casa editrice che mi piace allo stesso modo: né troppo grande né troppo piccola, sforna titoli che difficilmente si direbbero mediocri. Anzi. La qualità dei loro libri è molto alta, sia in termini di forma che di sostanza. Anticamente nella Sanità, per la sua conformazione, quando pioveva molto si assisteva a un fenomeno chiamato “la lava dei vergini”. L’espressione deriva dalla mole di detriti che letteralmente scendeva in forma di fiume dalla sommità del Rione e che sommergeva le strade, soprattutto quelle del Borgo Vergini, arrivando fino a via Foria.
TIP: Neri Pozza l’anno scorso ha pubblicato la saga di Blackwater che ha avuto un successo incredibile. L’autore, Michael McDowell, ha nominato il primo libro della saga La piena. Mi pare perfetto.
Porto/Pendino: qui, quando danno un soprannome a qualcuno – i cosiddetti strangianome, come si dice in dialetto – resta nei secoli dei secoli e si trasmette di padre in figlio fino alla fine dei tempi. Può capitare che a un papà diano come strangianome ’o cavallo e che al figlio, per proprietà transitiva, tocchi ’o puledro. Non mi chiedete se per motivi di prestanza anatomica o per presunte abilità a impennare col mezzo (scooter, per i non-napoletani). Scherzi a parte, questi sono i primi quartieri in cui ho messo piede da studentessa. Incredibilmente, oggi restano ancora piuttosto autentici. Il Pendino include parte del centro storico, il porto, la zona di Corso Umberto I e via Marina. Uno dei miei posti del cuore qui è Piazza Mercato, sede di pizzerie storiche economiche, negozi di giocattoli e fuochi d’artificio, chiese bellissime, Palazzo Ottieri e un ventaglio d’umanità che, personalmente, mi attrae sempre: studenti, immigrati, vagabondi, famiglie numerose, salumerie e fiorai ancora legati alle tradizioni del quartiere. Senza dimenticare Porta Nolana. Fandango, che è sia una casa editrice che una casa cinematografica, qui troverebbe pane per i suoi denti, troverebbe tutte le storie altre, quelli che gli altri non raccontano, come dice il suo motto.
TIP: Gridalo forte di James Baldwin. Se c’è un corrispondente dell’Harlem newyorkese a Napoli, potrebbe essere Pendino/Porto.
Quartieri Spagnoli: territorio che fa categoria a parte (il 70% si espande nel quartiere di Montecalvario, il restante tra San Ferdinando e Avvocata). Qua, di spagnoli, non se ne vede più nemmeno l’ombra, se non consideriamo quelli di Barcellona che vanno a cercare i resti dei loro antenati tra una pasta e patate e uno spritz color scudetto del Napoli. Purtroppo, se qualche tempo fa qui non ci si poteva mettere piede per ragioni legate alla sicurezza, oggi non ci si può mettere piede lo stesso perché si rischia di rimanere incastrati come sardine. Troppo tutto: B&B, locali, striscioni, robe appese, cuoricini, cartonati, cartoncini. Troppo niente. I Quartieri Spagnoli li abbiamo persi e questa perdita dovrebbe essere un monito per la città: vale la pena svilirsi per rispondere a una domanda che, di concreto, non lascia nulla in termini di arricchimento? E non parlo di soldi. Questa zona, se si superano i baracconi, è ricchissima di tesori: chiese, palazzi, edifici di rilevanza storica che vanno a braccetto coi vasci. SUR, casa editrice indipendente che si occupa di pubblicare letteratura latinoamericana, qui troverebbe storie bellissime per il suo catalogo.
TIP: ce le vedo Camila, Zia Encarna e La Machi a passeggiare per i vicoli sui loro tacchetti, ostentando parrucche e tette finte. Le cattive di Camila Sosa Villada, qui, starebbero da Dio.
Secondigliano/Scampia: non mentiamo. Molti, quando sentono nominare questi due quartieri, storcono il naso. Non era diventato famoso quel motto che faceva Secondigliano regna? A me, della loro fama poco pulita, frega niente. E, anzi, mi fa piacere che i turisti non ci vadano perché lasciano terreno a fermenti sotterranei che crescono in silenzio. È vero anche che non si possono negare le brutture, ma quello che forse molti non sanno è che Secondigliano, ad esempio, è stata sede di numerosi opifici, cotonifici, pastifici e stabilimenti di varia natura, e nel 1800 molti nobili vi si trasferirono perché potevano costruire palazzi e case di grandi dimensioni, vista l’abbondanza di spazio che cominciava a scarseggiare in centro. Allora non dobbiamo pensare che alcune zone siano nate marce. Ce le fanno diventare. Anche Scampia: non è solo Le Vele, o almeno non lo è più. GOG, casa editrice indipendente celebre per essere il cavallo pazzo dell’editoria italiana, qui farebbe meraviglie. Produce una serie di manifesti pop che starebbero benissimo al posto dei soliti murales di Jorit (che, francamente, anche basta) e una collana di nome Geminga che ti promette una scatola a domicilio in cui non sai cosa c’è, che libro ti arriva, con quale frequenza. Sa tanto di pacco alla napoletana, no? Ridiamoci su.
TIP: un titolo della casa editrice su tutti per Secondigliano e Scampia, Élite e masse di autori vari, tra cui Gaetano Mosca e Antonio Gramsci. Bonus extra: Nannina di Stefania Spanò (edito Garzanti) che ambienta le vicende della piccola protagonista durante i giorni della tragedia di Secondigliano, 23 gennaio 1996, quando un’esplosione e una conseguente una voragine uccise undici persone.
Ponticelli/Barra: l’avrete capito, mi piacciono le periferie. Come a Peppe Lanzetta, che qui ci ha ambientato alcuni dei suoi migliori romanzi, come Un Messico napoletano e Figli di un Bronx minore. Ponticelli e Barra sono da sempre relegate a quartieri di serie B: i suoi stessi abitanti, spesso, quando devono andare in centro, dicono “vado a Napoli” come se dimenticassero che anche loro sono napoletani a tutti gli effetti. Condividono la stessa sorta ingiusta di Secondigliano e Scampia, anche qui imperversano murales degli artisti più disparati, anche qui ci sono associazioni e volontari che provano a invertire le tendenze. Un esempio virtuoso è il Nest (precisamente nella zona di Marianella): piccolo teatro indipendente in cui si esibiscono artisti come, di nuovo, Peppe Lanzetta, e Officine San Carlo, sede distaccata e con un cartellone autonomo del Teatro San Carlo (San Giovanni a Teduccio). Sellerio, grande casa editrice italiana famosa per le sue copertine blu oltremare e il suo catalogo ineccepibile, qui a Napoli Est mette perfettamente in pratica il suo motto: il centro guardato dalla periferia, per scoprire che la periferia è il centro.
TIP: consiglio Uomini ragno di Giorgio Scerbanenco, un autore che non ha la fama che merita.